Ultimi esemplari. Il «pelobate fosco» è un anfibio a rischio estinzione: nel Parco del Ticino c’è un’oasi di ripopolamento di «Life Natura». “Troppa luce da Malpensa. Così le stelle non si vedono più”. Suggestivo itinerario nell’oasi naturale sulle tracce del “pelobate fosco”. Il piccolo anfibio salvato da Life Natura grazie ad un sito riproduttivo
Non diventerà mai un principe il «pelobate fosco» (o rospo della vanga), neppure se una principessa moderna lo colmerà d’attenzioni. Ma vale la pena di avventurarsi sul suo sentiero, nel Parco del Ticino, dove vive appunto uno degli ultimi esemplari di «pelobate fosco», che tra marzo e ottobre migra verso siti riproduttivi, risaie allagate o canali d’irrigazione. Per questo piccolo anfibio, grazie al progetto «Life Natura», si è ricreato anche un sito riproduttivo e sono stati scavati tunnel sotto le stradine, preservando il pelobate da pericolosi incontri. Ma non è l’unico abitatore di questo angolo di Parco del Ticino, riconosciuto dall’Unesco come riserva della biosfera ripartita tra Piemonte e Lombardia. In questo breve cammino di fine agosto s’incontrano garzette e aironi cinerini, anche qualche lepre che sbuca fra i cespugli.
Il percorso parte dalla Cascina Picchetta, nel Comune di Cameri, sede dell’Ente gestione delle aree protette del Ticino e del Lago Maggiore. Ora di proprietà della Regione Piemonte, è un complesso architettonico costituito da rustici e da un palazzo signorile, con elementi decorativi raffinati, molto scenografici. Così l’aveva voluto nel XVI secolo il nobile spagnolo Francesco Cid, che sposò la nobildonna milanese Lucrezia Cioccara, la quale acquisì l’intero complesso. La Picchetta fu subito considerato luogo particolare, tanto da diventare un «buen retiro» della famiglia che lasciava Milano per trascorrere i finesettimana dell’epoca e più lunghi periodi di riposo. Era chiamato il «Palatium», un posto di «delizie» in una zona ricca di acque e boschi, dove si potevano dare feste in giardino e ospitare amici, potenti, dame e cortigiane, dove fiorivano pettegolezzi e si tessevano trame, lontani da occhi indiscreti. La vicinanza con Milano e la salubrità dei luoghi favoriva questi insediamenti, così come più a Sud, in Lombardia, sempre nella Valle del Ticino un secolo prima aveva fatto Lodovico il Moro, nelle vicinanze di Vigevano, dove nel Mulino di Mora Bassa s’incontrava con la sua amante Cecilia Gallerani, la famosa Dama con l’Ermellino ritratta da Leonardo.
Dalla leggendaria famiglia spagnola dei Cid successivamente l’edificio della Picchetta passò ai Gesuiti, poi via via ad altre proprietà sino all’attuale ente. Di grande pregio rimasti la sala ottogonale e i giardini.
Il cammino parte proprio da qui e prosegue verso Nord, su una comoda strada bianca sterrata, costeggiando il braccio del Naviglio Langosco. A seguire, su un insolotto circondato dal Ticino, si scorge il «Bosco Vedro», luogo protetto (accesso consentito solo se si è accompagnati dal personale del Parco) che ospita una stazione ornitologica d’inanellamento di uccelli. Continuando lungo il fiume si giunge in località La Quercia, un ambiente magico, dove vivono la «lenticchia d’acqua» e il ranuncolo acquatico. Si passa a lato della proprietà privata della Tenuta Bornago, dove sorge la cascina settecentesca.
Più a Nord, attraversando un paesaggio di prati e boschi, arriviamo all’area attrezzata del Cascinone Provasin. Infine, superato il bosco del Ticinetto, ecco il Mulino vecchio di Bellinzago, lungo la Roggia Molinara, l’unico ancora funzionante fra i numerosi edifici con macina presenti nella valle. È stato trasformato in centro di educazione ambientale: al suo interno visibile la sala con le macine, ancora operative, alcune sale espositive e un museo che illustra la storia dell’attività molitoria, dell’uso delle acque e delle pratiche agricole. E il «pelobate fosco»? Forse non abbiamo avuto l’opportunità di vederlo, ma il polmone verde del Parco del Ticino ci ha restituito alcune ore di serenità.
la stampa – 3 settembre 2012