La facoltà di Medicina, all’Università di Padova, non esprimeva un rettore da 70 anni. Venerdì, dopo una settimana di votazioni, il digiuno si è interrotto grazie a un biomedico di fama internazionale. Rosario Rizzuto, 53 anni, ha battuto lo sfidante Paolo Tenti (Ingegneria, 64) con 288,73 voti ponderati di distacco.
Il nuovo rettore dovrà traghettare l’Ateneo più grande e antico del Nordest fino alle soglie dell’ottocentesimo anniversario, che ricorre nel 2022. E dovrà risolvere rapidamente diverse partite, a cominciare da quella sul nuovo ospedale di Padova.
Professor Rizzuto, quali sono le prospettive del Bo per i prossimi sei anni?
«C’è tanta voglia di mostrare un Ateneo aperto e allegro: dobbiamo mettere a frutto il primato nella qualità della ricerca e comunicarlo meglio a tutti. Vogliamo diventare un punto di riferimento a livello nazionale per il territorio»
In che modo?
«Penso al modello di Cambridge: da università storica è diventata il perno della rinascita economica locale. Anche noi vogliamo metterci in gioco, per dimostrare che università pubblica non è sinonimo di inefficienza e che siamo in grado di affrontare la competizione internazionale».
A proposito: il Bo nelle classifiche internazionali non figura nemmeno nelle prime duecento posizioni…
«Quei punteggi non rispecchiano il valore reale. Alcuni elementi di debolezza, come la carenza di docenti e studenti stranieri, ci sono davvero. Altri parametri, come il numero dei campus, non mi trovano d’accordo: la storia di un Ateneo ha un peso, preferisco avere la cattedra di Galileo e il Teatro anatomico che tanti prati o la brutta copia di un campus americano. Questi risultati vanno corretti, perché i giovani guardano le classifiche per scegliere dove studiare».
Una delle prime importanti partite da affrontare è quella del nuovo ospedale.
«Stiamo aspettando e rispetteremo le scelte delle istituzioni. Ricordo però che la nostra scuola medica è un’eccellenza, e che può essere un valore solo se il contesto è adeguato: bisogna fare presto e bene nell’interesse del territorio, lo dirò con chiarezza. Inoltre mi aspetto una risposta sulle caratteristiche della struttura: se si escludono didattica e ricerca, l’ospedale non potrà essere il perno della nostra sanità».
In passato sembrava che anche l’Università fosse chiamata a contribuire all’opera attraverso le dismissioni.
«Bisogna vedere i conti, ma una cosa è certa: l’Università non stanzierà risorse oltre le sue possibilità perché mette già in campo l’impegno e le competenze dei docenti, cioè moltissimo. Non avremo il portafoglio dell’edificazione, e non vedo spazi per un intervento economico: non è questo il nostro compito, l’Università è chiamata a dare altro».
Univeneto è un progetto ancora valido?
«È in corso una discussione importante, perché da una parte le risorse sono in calo, dall’altro la richiesta di formazione e di ricambio è in continua crescita, così come quella di nuovi laureati e nuove figure professionali».
Qual è la strada da seguire?
«Bisogna adottare una strategia comune come avviene alla University of California, dove un’unica struttura collega tanti atenei indipendenti. Il mio stile sarà improntato al dialogo, che è sempre il mezzo più efficace perché dà più forza agli atti di governo».
Al ballottaggio ha ricevuto 865 voti su 1.423 dai docenti, ma solo 329 su 980 dal personale tecnico-amministrativo. Che idea si è fatto?
«Durante la campagna elettorale si è parlato molto di una mia continuità nella gestione dell’Ateneo: su alcune scelte di voto forse ha pesato questo tema, che mi è sembrato inappropriato. Un rettore deve fare un po’ e un po’: mantenere quello che funziona, cambiare quello che non va. Ma se oggi il personale mi ha creduto poco, farò uno sforzo doppio per convincerlo che sono un buon rettore».
Ora dovrà abbandonare la ricerca: qualche rimpianto?
«No, perché davanti a me c’è un obiettivo importante. Anche in laboratorio si cambia: chi dirige un gruppo di ricerca, ad esempio, deve lasciare il microscopio e accettare il nuovo ruolo. L’importante, ora, è ottenere risultati. E se il mio rettorato sarà efficace, non avrò nessun rimpianto».
Il Corriere del Veneto – 21 giugno 2015