Il Sole 24 Ore. Per il vaccino Johnson & Johnson, quello mono-dose da poco arrivato in Italia ma ancora mai somministrato, il destino sarà lo stesso del siero AstraZeneca. Ieri l’atteso via libera dell’Ema che ha ribadito che anche per questo vaccino i benefici superano i rischi e che i rarissimi eventi avversi – otto casi di trombosi registrati tra gli under 60 su meno di dieci milioni di iniezioni negli Usa – hanno un legame «molto chiaro» con il vaccino. Un’indicazione, quella dall’Agenzia europea, senza specifiche limitazioni, a cui la nostra Aifa, l’Agenzia italiana del farmaco, e il ministero della Salute, aggiungeranno con una circolare una raccomandazione ad hoc come già accaduto per il siero dell’azienda anglo svedese. E cioè il fatto che il vaccino made in Usa J&J, in distribuzione già da oggi alle regioni con le prime 184mila dosi, sarà consigliato per gli over 60.
Un destino simile, dunque, per questi due farmaci che puntano sulla tecnologia “tradizionale” dell’adenovirus – ieri l’Ema non ha confermato come gli eventi avversi siano legati all’uso di questa piattaforma – che ribalta i piani iniziali del nostro Governo. Sui vaccini AstraZeneca e Johnson & Johnson almeno all’inizio si scommetteva di più per passare alla vaccinazione di massa: sono i due sieri più facili da gestire – si conservano in frigoriferi normali – e quello J&J in più ha la comodità di poter essere somministrato con una sola iniezione.
La cautela delle agenzie regolatorie è legata anche ai numeri finora registrati per gli eventi di trombosi verificatisi nel mondo e che restano, va sottolineato, rarissimi anche se con alcune differenze tra un siero e l’altro. Sono stati finora cinque per il vaccino Moderna, 25 con Pfizer, 297 con AstraZeneca – 142 in Europa – e appunto otto con J&J impiegato però finora (poco) solo negli Usa. «Come ci aspettavamo, su Johnson &Johnson l’Ema e l’Fda hanno avuto approfonditi scambi di informazioni e hanno concluso che i rari casi di trombosi sono al limite della valutabilità, se non della trascurabilità. Quindi il vaccino è per tutti e l’Italia lo colloca in fascia anziana dove sicuramente i benefici sono maggiori dei rischi», ha chiarito ieri sera il direttore generale dell’Aifa.
Intanto ieri il commissario all’emergenza COVID-19 generale Francesco Paolo Figliuolo ha emesso un’ordinanza perentoria nei confronti delle Regioni: devono vaccinare le persone più fragili e le classi di età più a rischio «in proporzione tale da garantire la loro messa in sicurezza» prima di aprire le prenotazioni agli under 60. Dice l’ordinanza: «Dai dati in possesso della Struttura Commissariale – si legge nel documento – non risultano ancora coperte da vaccino in proporzione tale da garantire, a oggi, la loro messa in sicurezza». Poi, l’avvertimento: bisogna prima coprire le fasce prioritarie «senza estendere – fino a nuove disposizioni – le prenotazioni a soggetti di età inferiore a 60 anni».
C’è già almeno un precedente evidente: la Regione Lazio. Ieri ha diramato un’indicazione pubblica : da martedì 27 aprile, ha annunciato, «alle ore 00:00 partiranno le prenotazioni per la fascia di età 59-58 (nati 1962 e 1963). Ieri erano state somministrate 219.341 dosi (dati Lab24IlSole24Ore, aggiornamento alle 20:54), gli italiani con una prima dose già inoculata sono 11.172.103, pari al 18,73% della popolazione; quelli con due dose scendono a 4.637.728, in percentuale il 7,78 della popolazione.
Le dosi consegnate alle Regioni sono state 17.752.110,, quelle somministrate 15.809.831 con una percentuale di iniezioni pari all’89,1%, dato in aumento rispetto ai precenti. Le Regioni però negli ultimi due giorni (quelli con dati già stabilizzati) hanno rallentato un po’ il ritmo scendendo sotto le 315mila iniezioni al giorno – 237mila domenica (quando c’è sempre un calo) e 301mila lunedì – che sono state fissate come target minimo dal commissario Figliuolo. Che ieri ha rinviato alle Regioni la tabella di marcia giornaliera da raggiungere per avvicinarsi all’obiettivo di fine mese di 500mila vaccinazioni al giorno.