La mezza settimana politica non recherà novità parlamentari: deputati e senatori sono rassegnati a subire l’ultima ondata estiva di fiducie, consapevoli che solo i parlamentari della commissione di merito, nella prima camera che tratta il provvedimento, hanno voce in capitolo.
Inoltre, la vicinanza delle ferie induce la stragrande maggioranza dei parlamentari ad affrettare il più possibile discorsi e voti, per abbandonare celermente Roma. Così è sempre stato, così sarà anche stavolta. Semmai, l’attenzione si sposta dal parlamento ai partiti, posto che la questione di maggior momento è, fuor di ogni dubbio, la riforma elettorale.
Essendo unanime la comprensione che non si sarebbe potuto risolvere alcunché prima di Ferragosto, ormai ci si è adattati alla decisione settembrina, per approvare in fretta e furia il testo che sarà allora stato mediato. Al momento pare che la questione più delicata riguardi l’entità del premio di maggioranza da assegnare al primo partito (in luogo della coalizione vincitrice, ma nella storia della riforma elettorale i cambiamenti non si contano), se il 10% o il 15% o il 12%, ma faccenduola non proprio insignificante è, invece, la constatazione che nessun partito, nessun plenipotenziario, nessun relatore ritiene che si giunga a decurtare il numero dei parlamentari. Si tace sulla questione, ma le trattative vertono, quasi senza doverne parlare, sui numeri attuali, cioè 630 deputati e 315 senatori.
Il previsto taglio del 20% dei parlamentari andrà a farsi benedire, essendo rimasto inserito nella ben più ampia riscrittura costituzionale comprendente federalismo e semipresidenzialismo, destinata a infognarsi alla camera. Tutti sono rassegnati a consegnare un’altra formi-dabile arma all’antipolitica; ma sono altrettanto paghi del permanere invariato del numero di eletti, così da diminuire le possibilità di una propria, personale mancata rielezione. © Riproduzione riservata
Italia Oggi – 7 agosto 2012