VALDOBBIADENE (Treviso) — Un luogo ameno, immerso nelle splendide colline ricamate dai vigneti del Prosecco, che diventa il mezzo con cui «punire» il contribuente che si è opposto a un accertamento.
Sarebbe questa, secondo Cesare De Stefani – il proprietario dell’Osteria senz’oste di Valdobbiadene -, la genesi della multa da 62 mila euro, che l’Agenzia delle Entrate gli ha fatto pervenire per una presunta evasione fiscale relativa al 2008. Non parole dettate dalla rabbia e gettate al vento, quelle dell’imprenditore, bensì messe nero su bianco in un esposto inviato alla direzione dell’Agenzia delle entrate di Roma e Venezia, alla Corte dei Conti, alla procura della Repubblica e alla guardia di finanza di Treviso, al Garante del contribuente. E intanto, domani, De Stefani incontrerà il sottosegretario all’Economia Enrico Zanetti, che vuole verificare personalmente la questione. Un incontro al quale potrebbe presenziare anche il governatore del Veneto Luca Zaia, presente a Valdobbiadene per l’inaugurazione della Fiera di San Gregorio.
Un esposto, quello di De Stefani, che, fin dall’esordio, ne rivela l’animo e gli obiettivi: «Quella che mi accingo a riferire è una vicenda, per certi aspetti incredibile e kafkiana, che dovrebbe mettere in allarme tutti i contribuenti soggetti ai controlli». Seguono quaranta pagine di racconto dettagliato di un’odissea che induce De Stefani a chiedere «che si ponga la parola fine alle indicibili sofferenze delle nostre famiglie». Sofferenze che per i De Stefani, Cesare e il fratello Giacomo, sono iniziate nel gennaio del 2012, con un accertamento dell’Agenzia delle Entrate al salumificio di famiglia. Una verifica che i De Stefani hanno fin da subito contestato. Secondo gli imprenditori, infatti, gli ispettori avrebbero agito sulla base di presunti esercizi passivi, con un accertamento durato meno di 21 ore e conclusosi con la contestazione di un’evasione per oltre 1,2 milioni di euro. Non solo, nella sua denuncia De Stefani spiega che, all’inizio, i verificatori del Fisco avrebbero ipotizzato un commercio di carne in nero pari del 95%, pari a 8 milioni di euro di ricavi e un addebito di 15 milioni di euro per l’azienda. «Alla fine però hanno cambiato idea – scrive l’imprenditore nell’esposto -, a conferma del fatto che si era trattato di uno stratagemma per convincerci a definire subito la questione». Nel frattempo i De Stafani erano finiti anche in un’inchiesta della procura della Repubblica. Una situazione che ha messo in difficoltà la famiglia e la stessa azienda. Alla fine, stremato, Cesare ha tentato il tutto per tutto, affrontando personalmente il contraddittorio con gli ispettori e registrando le conversazioni. Files audio allegati all’esposto, dai quali emergerebbero queste circostanze: «All’ufficio interessava pervenire a determinati conteggi a seguito di un certo risultato predeterminato. Il tutto condito da continue minacce di accertamenti anche su altri anni, e relativi alle mie altre attività, e cioè l’Osteria senz’oste. Mi dicevano che se non avessi chiuso, sarebbe scoppiato “un casino della madonna” (documentato dalle registrazioni, ndr)». Minacce che, sostiene De Stefani, si sarebbero prontamente concretizzate quando lui e il fratello si sono rifiutati di aderire all’accertamento: «Poco dopo, infatti, sono arrivate le contestazioni per l’Osteria senz’oste, un’iniziativa di ospitalità dalla quale non ricavo alcun reddito».
Nel frattempo, la procura ha archiviato l’inchiesta per evasione fiscale e i De Stefani hanno vinto il ricorso presentato in Commissione Tributaria sull’accertamento al salumificio. «Anni di sofferenze per me e la mia famiglia, ma anche per i miei dipendenti – conclude De Stefani – a cui chiedo sia messa la parola fine».
Milvana Citter e Mauro Pigozzo – Corriere del Veneto – 9 marzo 2014