Il Governo non ha ancora individuato lo strumento legislativo per risolvere il problema dei precari della pubblica amministrazione che cesseranno il rapporto di lavoro il 31 dicembre, ma “c’è la volontà di agire”. E’ quanto ha detto il ministro della Funzione pubblica, Filippo Patroni Griffi, ai sindacati convocati ieri a palazzo Vidoni.
“Non sono in grado di assicurare quale sia lo strumento legislativo migliore per la situazione – ha affermato – ma sappiamo che si tratta di un’emergenza e c’è la volontà di il risolvere problema”.
Patroni Griffi ha confermato che ci sarà comunque “una soluzione a regime che è articolata in due punti: una riserva di posti o una valutazione dell’esperienza maturata nei concorsi pubblici per le assunzioni, e un accordo quadro in sede di Aran volto a consentire, in alcuni casi che saranno definiti in sede di accordo quadro, la possibilità di avere contratti a termine al di là del tetto dei 36 mesi, come previsto dalla legge Fornero”.
Precari pubblici, ancora nessuna certezza
L’impegno è preso, manca Io strumento. Ma i giorni passano e i contratti scadono. Il governo non è ancora convinto e il Parlamento a fine legislatura non è più un interlocutore sicuro ed affidabile. Sui precari della Pubblica amministrazione la volontà del ministro Patroni Griffi non convince i sindacati. Ieri pomeriggio per la prima volta il ministro della Funzione pubblica si presenta al tavolo tecnico con Cgil, Cisl, Uil, Ugl e autonomi. Ha ribadito l’impegno del governo a portare avanti a soluzione il problema del precariato nella Pubblica amministrazione. L’idea è quella di dare la possibilità alle amministrazioni di prorogare i contratti dei precari a tempo determinato (quelli a co.co. co sono dunque esclusi) fino al 31 luglio. E nel frattempo (ma toccherebbe al nuovo governo) trovare una soluzione «a regime» che preveda -una riserva di posti o una valutazione dell’esperienza maturata dai precari nei concorsi pubblici per l’assunzione e un accordo quadro-.
Il problema è quello che da Palazzo Vidoni definiscono «il veicolo-. L’idea iniziale, concordata con il Pd, era quella di un emendamento alla Legge di stabilità. In realtà le incognite parlamentari, la mancanza di interlocutori credibili nel Pdl e i tempi sii etti stanno rendendo sempre meno probabile questa ipotesi. L’alternativa all’emendamento potrebbe essere un articolo del decreto Milleproroghe di fine anno. Molto difficile che sia un decreto ad hoc. L’altra incognita, molto più interna al governo, riguarda il via libera che deve giungere dal ministero dell’Economia. Venerdì in Consiglio dei ministri, nono- stante l’attenzione quasi assoluta per il tema de1171va, il ministro Patroni Griffi aveva già prospettato la sua ipotesi a Monti e
ai suoi colleghi. Ma a quel tavolo non c’era il ministro Vittorio Grilli. Tutto è rimandato quindi al prossimo Consiglio previsto per domani o venerdì.
Il vero rebus infatti è sempre lo stesso. I numeri. Il provvedimento non recherà una cifra semplicemente perché lo Stato ad oggi non sa quanti sono i precari della Pubblica amministrazione e, ancor di meno, conosce la scadenza dei loro contratti. E di conseguenza la copertura economica. Anche se da Palazzo Vidoni si continua a sostenere che il provvedimento sarebbe a costo zero visto che gran parte dei contratti sono in essere.
MANCANO DATI Gli unici numeri certi infatti riguardano il numero dei precari non rinnovati nella sanità nel 2011: sono quasi 5mila (4.922 per la precisione). Sul resto si possono fare solo stime anche perché i contratti non hanno scadenze prefissate e terminano di giorno in giorno. «Noi ne stimiamo 40mila – spiega Michele Gentile della Cgil – ma è un dato molto arbitrario-. Sulla volontà del governo la posizione della Cgil è laica. «Non si tratta di fidarsi o meno, si tratta di risolvere un problema. E noi al governo chiediamo due cose: che il provvedimento debba essere urgente e che deve salvaguardare anche i contratti già scaduti-. Di «primo passo importante parla invece la Cisl. Pessimisti invece sono Uil e Ugl. La Uil è -estremamente preoccupata perché non è stato ancora individuato, a 27 giorni dalla scadenza della maggior parte dei contratti, lo strumento normativo per rendere operativa la proroga – dichiara Paolo Pirani – Legge di stabilità o provvedimento ad hoc che sia, il governo si decida-. Sulla stessa linea l’Ugl -Siamo rimasti delusi, ci aspettavamo di avere più certezze, invece siamo ancora alle dichiarazioni di intenti., spiega Fulvio Depolo.
L’Unità – 4 dicembre 2012