Per ora, la produzione è affidata a 35 galline. Poche e libere di scorrazzare qua e là. Ma da qui a un mese, quando sarà fondata la cooperativa agricola sociale, le cose cambieranno un bel pò: per gli attivisti di Almaterra si avvicina la prova del mercato.
C’è da intendersi, però. «Parliamo di un’azienda agricola biologica – afferma Mattia Pastò, membro dell’associazione -, di una fattoria sociale, e di un circolo culturale con centro educativo permanente, in cui tutti lavoreranno in modo sinergico, condividendo spazi e risorse, in vista della sostenibilità economica ed ecologica».
D’accordo, ma in pratica a che serve? «Per esempio – continua Pastò – il progetto “adotta una gallina”. L’idea è venuta a una nostra collaboratrice: chiedere alla gente di finanziare la produzione. Funzionerà così: il cliente sceglie, appunto, una gallina, che continua a vivere e a produrre nella nostra sede di Cervarese Santa Croce; tuttavia, dietro pagamento di un compenso, ha diritto a un certo numero di uova l’anno». Quanto per quante uova? «Dipende – chiarisce Pastò -: avevamo pensato a 100 euro per 200 uova l’anno; la spesa comprende anche il tesseramento all’associazione. Ma adesso stiamo facendo un pò di valutazioni. In effetti, il valore aggiunto è la qualità: gli animali sono liberi di scorrazzare nei nostri terreni, non soffrono lo stress e producono anche quando non lo farebbero se piazzati in batteria. Però stiamo valutando anche soluzioni a 50 e a 25 euro».
Almaterra è anzitutto un trust (una sorta di mandato fiduciario) fondato da Pastò e da Judit Gabriel, con la scopo di «realizzare il pieno sviluppo delle potenzialità umane in una relazione rispettosa, armoniosa, creativa e costruttiva con il sistema ambientale e antropologico»; dal trust deriva l’associazione, e da quest’ultima nascerà la cooperativa agricola. Le strutture del trust – i terreni e la casa colonica di Cervarese – sono beni legati alla missione sociale ed ecologica dell’associazione. «Quando è morto mio padre – spiega Pastò – avevo 17 anni. Da allora ho sempre avuto bisogno di una comunità elettiva nella quale riconoscermi. Per questo ho pensato a una comunità che si sviluppa dal basso. E poi, la nostra è un’idea legata alla sovranità alimentare, che in Veneto è venuta a mancare. Non produciamo più cibo a sufficienza per noi stessi. Bisogna cambiare direzione. Siamo per la multifunzionalità in agricoltura, che è una via percorribile, anche perché incoraggiata dai molti finanziamenti previsti nei piani di sviluppo rurale».
Sia Pastò che la Gabriel sono attori. «Mi occupo di teatro – spiega lui – ma anche di altre attività artigianali. Ho 32 anni. Anche Judit è attrice e presidente di una cooperativa senza fine di lucro. È anche vero che, dato l’interesse di questo Paese per la cultura e considerati i tagli continui al settore, oggi con il teatro non ci campi. Devi essere capace di fare qualcos’altro».
Corriere del Veneto – 3 gennaio 2014