La scommessa di Samuele e Roberto Contin a Piove di Sacco: «La Brambilla non ci fa paura». Prima lo scandalo della carne equina (spacciata per manzo) nei piatti pronti di alcuni grandi marchi, poi la petizione di Michela Brambilla (Pdl), che chiede di riconoscere al cavallo lo status di animale da compagnia, e vietarne la macellazione.
Samuele e Roberto Contin, fratelli e titolari dell’omonima azienda equina a Piove di Sacco, non si sono fatti spaventare. E dopo un investimento da oltre un milione per comprare i nuovi macchinari, si preparano a inaugurare un nuovo spaccio in zona industriale: oggi l’apertura, domani il taglio del nastro. Il nuovo negozio «take away» sorge accanto agli uffici e alle celle frigorifere, in un locale precedentemente adibito a magazzino e interamente restaurato.
«Negli ultimi sei mesi abbiamo assunto tre nuovi dipendenti, che lavoreranno nei laboratori – afferma Samuele -. Inoltre, grazie a un accordo con la coop Magnolia, tre ragazzi down si occuperanno di confezionare ed etichettare i prodotti. Senza toccare i coltelli, come veri bocia di bottega». I fratelli Contin puntano sul distretto industriale: «Le fiere non funzionano molto, preferiamo rivolgerci alle aziende della nostra zona – spiegano -. Manderemo tessere con il 10% di sconto a vita su tutti i prodotti, da distribuire a tutti i dipendenti». Dopo aver aperto una prima macelleria ad Arzegrande, i fratelli Contin fondano l’azienda di famiglia nel 2007, e aprono una bottega a Padova (sotto il Salone) nel 2010. Tra le carni equine, prelevate in varie stalle della zona, spiccano sfilaccio, speck e salame, rigorosamente legato a mano: «Dopo le ultime polemiche, abbiamo cominciato a occuparci anche di carne bovina e suina – ammettono Roberto e Samuele -. A marzo c’è stata una leggere flessione delle vendite, e quindi anche dei costi, perché se l’animale resta in stalla produce grasso di scarto anziché carne. Ma ora siamo già in ripresa». Le specialità della casa, comunque, non sono in dubbio: «Ogni 2-3 mesi, preleviamo cinquanta cavalli dalla nostra stalla di Cavarzere, ricavando circa 30 tonnellate di carne – affermano -. Gli animali hanno il microchip, sono allevati allo stato brado e alimentati in modo naturale; le etichette riportano tutta la tracciabilità, dalla nascita alla lavorazione. Nostro padre ci ha insegnato a non fare il passo più lungo della gamba: il nostro è un investimento ponderato. E l’anno prossimo vorremmo aprire altri due spacci, a Treviso e a Verona». E la petizione della Brambilla? «Mi sembra un modo per farsi pubblicità, e ha fatto un po’ di chiasso solo i primi giorni – conclude Samuele -. Amiamo i cavalli anche se li lavoriamo, e pensiamo che bisogna essere liberi di mangiare ciò che più piace: si può essere contrari alla carne equina, senza privare gli altri della possibilità di mangiarla. E sono le nostre tradizioni».
Alessandro Macciò – Corriere del Veneto – 6 aprile 2013