di Paolo del Bufalo. La spending review non pub essere fatta di tagli lineari, non deve camminare solo sulle sue gambe ma anche su quelle del Patto della salute, non può incidere sui finanziamenti annunciati per i prossimi anni né portare via i risparmi ottenuti in sanità dal Ssn verso altre destinazioni.
Ma la spending review deve anche trovare risorse per garantire stabilità all’Italia rispetto ai suoi impegni con l’Europa (la Ue ci ha già bocciati: crescita lenta, bassa competitività e rischio tenuta per i conti su cui, ha detto, servono maniere forti’) ed essere l’ago della bilancia per far quadrare i conti pubblici e trovare risorse fiesche per gli interventi promessi dal nuovo Governo.
Un menu di desideri sul tavolo del commissario Carlo Cottarelli e del neo-ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan. Che per quanto riguarda la sanità il ministro della Salute Beatrice Lorenzin dovrà verificare e difendere in quell’incontro chiesto proprio con Padoan dopo il suo annuncio di voler tagliarti’ non tre, ma cinque miliardi già da quest’anno con la spending. E il “gruzzolo” sanitario che assorbe il 75% dell spesa regionale non pub non fare gola in questo senso. E allora: che vogliono (e possono) fare in questo quadro le Regioni? Per ora sono ferme nel limbo. tra il Patto in stand by in attesa che Lorenzin chiarisca bene con Padoan se le risorse uscite dal cappello a cilindro del vecchio Governo grazie al rapporto con la crescita del Pil sono ancora lì e l’incertezza dell’effetto spending. Ma soprattutto sono in ansia di sapere se davvero Cuti i risparmi promessi resteranno nel Sm. Non è affatto scontato che l’Economia, compressa tra i fondi extra da trovare per il lungo menu di interventi che Renzi vorrebbe e che varrebbero un centinaio di miliardi e la Ue che non permette davvero di toccare risorse mettendo a rischio l’equilibrio – precario – dei conti, sia disposta a lasciare in casa Ssn tutto ciò che le Regioni saranno in grado – se ce la faranno davvero – di risparmiare.
La spending sanitaria resterebbe quindi – è l’obiettivo di ministro e Regioni – legata a doppio filo al Patto della Salute: prima gli interventi di sistema, poi i tagli, mai più lineari, ma ragionati. O meglio: non tagli, ma risparmi, che deriverebbero proprio dagli interventi strutturali. Intanto i tavoli di Cottarelli vanno avanti. E lo fanno per il momento con l’obiettivo di costruire un sistema di acquisti intelligente, in grado di mettere mano alla spesa per beni e servizi, sanitari e non, con un risparmio di almeno il 2-3% della spesa attuale. Come dire, togliendo alla farmaceutica poco meno di un miliardo.
Ma come fare è tutto da decidere. Sicuramente nel mirino ci sono i meccanismi degli acquisiti e i prezzi di riferimento. Non pero secondo il modello già bocciato ai tempi del commissario Bondi. Le proposte in campo sono quelle di una rete di centrali di acquisto e di un meccanismo di Health technology assessment per rifare ex novo gli attuali capitolati di appalto. E sui prezzi di riferimento dovrà comunque intervenire l’Autorità di vi i ama, ma per lavorare sull’elenco messo a punto dall’Agenas senza paletti rigidi, solo elaborando un sistema che toccherà alle Regioni mettere in campo secondo le situazioni locali. Alla base di tutto c’è un altro problema da risolvere: l’informatizzazione del sistema che non decolla, rallentando la creazione e quindi la condivisione di quelle banche dati necessarie a realizzare tutto il pacchetto di interventi. II Patto. Al di là delle misure di razionalizzazione di funzionamento del Ssn, tra gli interventi di sistema che possono incidere sulla spesa c’è anche un altro capitolo su cui agire per risparmiare e che potrebbe trovare lo spunto proprio nel Patto: quello delle assicurazioni. Le stime sui costi della medicina difensiva si aggirano sui dieci miliardi e un intervento in questo settore è atteso ormai da anni. Ma qui ci vorrà una legge che non necessariamente dovrà e potrà tenere conto delle esperienze – anche positive – già fatte in molte Regioni. Accanto a questo poi c’è la revisione dei Lea. Già messa in campo dall’ex ministro Balduzzi è ancora chiusa nei cassetti dell’Economia e Lorenzin ha annunciato che quei meccanismi si dovranno rivedere e aggiornare, con l’obiettivo di risparmiare dall’operazione almeno 900 milioni in tre anni.
Su tutto c’è poi “l’ombra” di un federalismo che non va. Sia secondo l’analisi della Corte dei conti (v. articolo a fianco), sia per gli operatori del Ssn che invocano maggiori controlli centrali, sia per lo stesso ministro della Salute. Con la riforma del Titolo V e la sua messa a regime «dal 2001 al 2006 si è realizzato un disastro che pagheremo per generazioni», ha detto la scorsa settimana Lorenzin. «La riforma del Titolo V – ha spiegato – ha creato gioie e dolori. Gioie solo alle Regioni che hanno saputo crescere, lasciando indietro tre quarti del Paese. E tre quarti sono davvero troppi».
Il Sole 24 Ore sanità – 11 marzo 2014