Poco meno di sei milioni di pensionati Inps hanno un assegno mensile inferiore a mille euro. Tra gli oltre 15,7 milioni di pensionati, il 10,8% (1,7 milioni) percepisce meno di 500 euro e il 27,2% (4,3 milioni) tra 500 e mille euro. Mentre poco più di 1 milione di pensionati ha un assegno mensile da 3mila euro in su (il 6,5%).
Sono i numeri del rapporto annuale dell’Inps presentato ieri alla Camera dal presidente, Tito Boeri, che evidenzia come nel 2015 la spesa pensionistica complessiva sia aumentata di oltre 4 miliardi di euro (+1,58%), a fronte di una crescita delle entrate contributive dell’1,54%. In particolare la spesa per pensioni della gestione privata è cresciuta del 2,20%, quella della gestione pubblica del 3,77%. La sentenza della Consulta che ha sancito la legittimità del prelievo di solidarietà sulle pensioni d’oro disposto dal governo Letta, per Boeri «potrebbe aprire ulteriori spiragli per interventi perequativi sui vitalizi, qualora fossero equiparati alle pensioni». La legge Fornero, secondo il presidente dell’Inps, «ha creato forti disagi sociali fra i lavoratori con più di 55 anni», ha reso «più difficile l’ingresso nel mercato del lavoro dei giovani, contribuendo ad aumentare la disoccupazione giovanile». Peraltro i correttivi apportati, in particolare le 7 salvaguardie per gli “esodati”, a giudizio di Boeri «hanno creato nuove asimmetrie di trattamento ed eroso in modo significativo i benefici della riforma del 2011, in termini di contenimento del debito pubblico».
L’adozione di misure universali di contrasto della povertà è auspicata da Boeri: «La legge delega in discussione in Parlamento ha perso molti pezzi – ha detto -. Facciamo nostro l’appellativo di ministero della povertà con un certo orgoglio in un Paese in cui la povertà estrema è stata a lungo derubricata dall’agenda politica». Guardando al confronto in corso tra Governo e sindacati, Boeri ha sottolineato come l’invio delle “buste arancioni” serva a favorire una «piena consapevolezza» nelle decisioni sul pensionamento: «Ci aspettiamo altrettanta attenzione da chi, politici e soprattutto sindacati, dovrà presentare le opzioni ai lavoratori – ha continuato -. Non si può negare che rate ventennali di ammortamento di un prestito pensionistico costituiscano una riduzione permanente della pensione futura». Il riferimento polemico è a quanti, all’uscita dell’ultimo incontro governo-sindacati parlavano di anticipo pensionistico (Ape) senza penalizzazioni, mentre «le riforme sulla flessibilità in uscita devono garantire maggiore libertà di scelta consapevole senza aumentare il debito pensionistico, senza creare generazioni di pensionati poveri».
Sul tema è intervenuto anche il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, per ribadire che il governo utilizzerà le risorse per la flessibilità pensionistica a sostegno delle «persone più in difficoltà», per «coloro che hanno perso il lavoro piuttosto che per chi ha ancora un impiego e può scegliere se lasciarlo o no». Poletti ha anche ricordato che la legge di stabilità ha istituito un fondo da 1 miliardo per finanziare in modo stabile il contrasto della povertà.
Tornando a Boeri, ha sottolineato come il Jobs act, sostenuto dalla decontribuzione abbia prodotto nel 2015 un aumento del 62% dei contratti stabili, pari ad un +76% nella fascia fino a 30 anni: «Al netto del calo fisiologico di inizio 2016 – ha aggiunto – il numero di contratti a tempo indeterminato è aumentato di più di mezzo milione nel 2015. Da marzo il saldo mensile di assunzioni e cessazioni sta ricalcando le dinamiche ante 2015 per stabilizzarsi sui livelli più alti». Quanto agli immigrati, il presidente dell’Inps ha ricordato che «versano ogni anno 8 miliardi di contributi sociali e ne ricevono 3 in termini di pensioni e altre prestazioni sociali, con un saldo netto di circa 5 miliardi. Ogni anno i contributi a fondo perduto degli immigrati valgono circa 300 milioni».
Giorgio Pogliotti – Il Sole 24 Ore – 8 luglio 2016