«La Regione Sardegna si sbrighi a debellarla o il blocco dell’export farà chiudere il 60% dei produttori di carni e insaccati»
NUORO. Il rinvio concesso da Bruxelles al blocco delle esportazioni di carni e insaccati sardi? Solo un successo parziale. Se entro gennaio non andrà in porto il piano di eradicazione della peste suina africana, che da oltre trent’anni flagella le imprese della filiera suinicola sarda, nessuna mediazione con l’Ue sarà più possibile. E la chiusura dei mercati sarà inevitabile. Un ipotesi che getta nel panico la Confindustria nuorese che, per bocca del suo presidente Roberto Bornioli, lancia l’allarme: «Lo stop all’export, aggiungendosi alla grave crisi già in atto, potrebbe assestare un colpo durissimo alle aziende, molte delle quali operative in Sardegna centrale».
Tra Marghine, Planargia, Baronia, Nuorese e Ogliastra si concentra infatti circa il 60 per cento delle lavorazioni suinicole con importanti sbocchi di mercato regionali e nazionali, compresa la grande distribuzione. Per la Sardegna centrale si tratta di un comparto produttivo chiave, che prima della crisi lavorava circa 30mila capi all’anno e impiegava (con l’indotto) quasi un migliaio di lavoratori.
Per citare qualche nome eccellente basti pensare che tra Nuoro e Ogliastra hanno sede il gruppo Forma, Milia, Mele Carni, Denti & Company, il Salumificio Murru, le Fattorie Gennargentu, Sarcidano Carni, Gardalis, Fratelli Puddu e Rovajo. Alcune delle quali, come l’azienda ogliastrina Gardalis, pesantemente colpite dall’estendersi di focolai originati al di fuori della proprietà dell’azienda. Un mercato che, di fronte a un blocco totale dell’export, non potrebbe che chiudere i battenti.
«Anche grazie alle azioni messe in campo dall’assessore alla Sanità Simona De Francisci – spiega Bornioli – tra cui l’elaborazione del piano di eradicazione della Psa per il 2012 e la nomina del commissario straordinario, è stato scongiurato, per il momento, il rischio di un blocco immediato delle esportazioni. Il piano mette in atto una serie di misure di prevenzione e monitoraggio decisive per debellare la malattia, a patto che ne sia garantita l’effettiva e concreta attuazione da parte di tutti. In tale direzione, vanno accolte con favore le risorse stanziate per mettere in atto gli interventi di adeguamento delle strutture aziendali alle norme sanitarie previste dal piano. Ma, alla luce dell’incontro tecnico convocato in Regione il 12 settembre – al quale Confindustria ha partecipato accanto ai tecnici della Commissione europea e del ministero della Salute – è forte la consapevolezza che l’emergenza non sia finita. Se in tempi brevi non si mettono in funzione tutte le misure a gennaio sarà la fine».
La Nuova Sardegna – 22 settembre 2012