«Un conto è l’acqua che esce dai rubinetti e un conto è quella del Fratta-Gorzone». I timori scatenati dalla presenza di Pfas (sostanze chimiche dannose all’organismo umano) nel Fratta e le dichiarazioni del sindaco castelbaldese Claudio Pasqualin («Non bevo più l’acqua d’acquedotto per preservare la mia salute») hanno scatenato un immediato intervento del Centro Veneto Servizi, l’ente che gestisce il sistema acquedottistico locale.
«Il sindaco di Castelbaldo può stare tranquillo: l’acqua che esce dal rubinetto la può bere in tutta sicurezza», rispondono dal Cvs. «Il livello di sostanze perfluoroalchiliche, infatti, è pari a zero. L’acqua che esce dai rubinetti dei Comuni afferenti a Cvs è sicura per l’utilizzo umano, non è inquinata e non è assolutamente l’acqua del Fratta-Gorzone».
I problemi del Fratta-Gorzone non hanno dunque alcun legame con l’acqua fornita dal servizio idrico, che pesca l’acqua dall’Adige. Nello specifico, «l’acqua che esce dal rubinetto degli utenti di Castelbaldo proviene dalla centrale di potabilizzazione di Piacenza D’Adige. In quest’acqua non è mai stata rilevata la presenza di Pfas, nemmeno a concentrazioni minime. Non appena è emersa la problematica legata alle sostanze perfluoroalchiliche, infatti, Cvs ha fatto analizzare tutti i propri punti di produzione e nessun problema è stato rilevato per questa fonte di approvvigionamento». Lo stesso ente ricorda come chiunque possa verificare tutti i parametri relativi all’acqua che esce dal rubinetto: basta collegarsi al portale www.centrovenetoservizi.it, cliccare sull’icona “Che acqua bevi?” e scegliere dal menu il proprio comune.
Il Cvs ribadisce: «In nessun comune afferente a Cvs ci sono situazioni di pericolo per la presenza di Pfas. Nel territorio padovano, sostanze perfluoroalchiliche sono state segnalate solo nell’acqua che arriva a Montagnana e in una frazione del comune di Urbana. Cvs non ha mai sottovalutato la questione: non appena emerso il problema ha avviato operazioni di ricerca, monitoraggio continuo e sistemi per la messa in sicurezza e il filtraggio». Lo stesso sito aziendale ospita una sezione dedicata al monitoraggio dei Pfas: i parametri rilevati a Montagnana e Urbana sono sempre abbondantemente inferiori non solo al limite fissato dall’Istituto Europeo per la Sicurezza Alimentare (300 ng/litro per il Pfos, 3.000 ng/litro per il Pfoa) ma anche ai valori “obiettivo” dell’Istituto Superiore di Sanità (30 ng/litro per il Pfos, 500 ng/litro per il Pfoa, 500 ng/litro per altri Pfas). Numeri alla mano, l’ultima rilevazione di dicembre fatta alla centrale di Madonna di Lonigo (che serve sei comuni vicentini e Montagnana ed Urbana) parla di valori pari a 7 per i Pfos, 211 per i Pfoa e 255 per i Pfas. Lo stesso Cvs ricorda come la centrale sia oggetto di un cantiere per il potenziamento del sistema di trattamento a carboni attivi. (n.c.)
Il Mattino di Padova – 2 marzo 2015