LA DOPPIA STRATEGIA Riforma delle tutele collegata alle politiche attive e contratto di inserimento a tutele crescenti per aumentare l’occupazione. Il Jobs act sarà un «intervento organico» che poggia su «ammortizzatori sociali legati alle politiche attive per offrire una nuova opportunità di lavoro in tempi brevi a chi è rimasto disoccupato» e «sulla semplificazione contrattuale», anche attraverso il contratto di inserimento a tutele crescenti che nei piani del governo dovrebbe incentivare la creazione di posti di lavoro a tempo indeterminato.
È il neo ministro del lavoro, Giuliano Poletti a tracciare le coordinate del Jobs act, la riforma ancora allo stato di bozza che nel cronoprogramma annunciato dal premier Matteo Renzi, entro marzo dovrà essere oggetto di confronto in Parlamento. Pur facendo una premessa – «sto studiando il dossier e non voglio entrare nel dettaglio delle misure e dei numeri» – Poletti anticipa che sul capitolo ammortizzatori sociali «servono maggiori tutele per chi rimane senza lavoro», convinto che invece che «per i periodi lunghi di cassa integrazione che non producono opportunità occupazionali, le risorse vanno investite per favorire la ricollocazione degli ex lavoratori».
Da ministro Poletti intende utilizzare l’esperienza accumulata prima alla guida di Legacoop, e successivamente alla presidenza di Alleanza delle cooperative, l’associazione nata dal coordinamento tra le cooperative bianche e rosse di cui è stato l’artefice insieme a Luigi Marino (oggi senatore di Scelta civica). «Serve un grande sforzo comune per favorire lo sviluppo del Paese – afferma il ministro – c’è bisogno di un impegno nuovo con la partecipazione attiva delle parti sociali che intendo coinvolgere insieme alle associazioni del terzo settore. Sul piano del lavoro sarà una partita a tre». Non vuole scatenare nuove “guerre di religione” e a chi gli domanda dell’abolizione dell’articolo 18, pragmaticamente, il ministro ha risposto «non fissiamoci a iniziare una guerra, discutiamo sulla sostanza». L’attitudine al confronto secondo Poletti non deve tradursi in stallo perché «quando sarà il momento di decidere ognuno dovrà prendersi le proprie responsabilità».
Ma prima del decollo del Jobs act, l’attuazione del piano “garanzia giovani” rappresenta «il banco di prova per dare riposte all’emergenza occupazionale giovanile»: sul piatto ci sono 1,5 miliardi nel biennio 2014-2015 che servono per rispettare l’impegno ad offrire un’opportunità di lavoro o di formazione entro 4 mesi dalla disoccupazione o dall’uscita dalla scuola per i giovani sotto i 25 anni. Per Poletti con lo Youth guarantee occorre «valorizzare esperienze come quella del volontariato giovanile, considerando che una quota rilevante, circa il 20-25% di chi fa servizio civile rimane a lavorare nell’associazione dove ha svolto il servizio, e sostenere l’autoimprenditorialità».
Poletti si è dimesso da tutti gli incarichi ricoperti e rispedisce al mittente l’accusa di conflitto di interessi lanciata dal Movimento 5 stelle che ha annunciato per oggi due mozioni di sfiducia (l’altra è per il ministro Guidi), sostenendo peraltro che il controllo delle cooperative compete al ministero dello Sviluppo economico e non al ministero del Lavoro.
Il Sole 24 Ore – 26 febbraio 2014