Etichetta d’origine per il latte, stoccaggio privato per formaggi e carni, aumento temporaneo del prezzo d’intervento per il latte in polvere e una grande campagna di promozione sui mercati mondiali con la creazione di piattaforme logistiche ad hoc e l’intervento della Banca europea per gli investimenti. Sono le misure individuate ieri in risposta alla crisi della zootecnia che l’Italia, insieme a Francia, Spagna e Portogallo, vuole portare al Consiglio Ue straordinario del 7 settembre.
Il ministro delle Politiche agricole, Maurizio Martina, ha incontrato ieri a Madrid i ministri di Spagna, Francia e Portogallo per mettere a punto una strategia comune: «Un metodo di lavoro – ha sottolineato Martina – che proseguirà con un nuovo appuntamento in Italia fissato per il 24 ottobre per un ulteriore confronto del quartetto». Più in generale, ha aggiunto il ministro, «è necessario rivedere profondamente gli strumenti a disposizione degli Stati nella gestione delle crisi di mercato. Oggi non abbiamo mezzi all’altezza dell’esigenza delle nostre imprese e rischiamo di intervenire troppo tardi. Una discussione sul punto non è più rinviabile e lo ribadiremo alla Commissione Ue».
Sempre ieri gli agricoltori europei hanno confermato la protesta di fronte al Consiglio Ue del 7 settembre, «per sottolineare la situazione senza precedenti dei mercati lattiero-caseario, suinicolo e delle carni bovine – spiega la Coldiretti –. I prezzi sono al di sotto dei costi di produzione e il reddito agricolo è basso, obbligando alcuni ad abbandonare la produzione». In Italia le stalle da latte si sono ridotte in dieci anni, da quasi 100mila a 34mila.
Un report pubblicato nei giorni scorsi dall’Usda, il dipartimento americano dell’Agricoltura, sulla situazione del settore nell’Unione europea, ha definito lo scenario attuale come «una tempesta perfetta». Le prospettive di medio termine sono positive, ma la pesante congiuntura attuale si protrarrà ancora per mesi, secondo gli analisti americani, a causa della sovrapproduzione, dell’embargo russo e dello sgonfiamento della domanda cinese.
Sul tavolo di Bruxelles non ci sono ancora proposte ufficiali, la Commissione è contraria soprattutto all’aumento del prezzo d’intervento. La riunione del 7 servirà a verificare l’esistenza di una maggioranza qualificata di Stati membri favorevoli non solo ad alzare il prezzo di intervento ma anche a reintrodurre le restituzioni all’export abolite anni fa dalla Ue. La Francia, che la prossima settimana dovrà fronteggiare l’ennesima protesta da parte degli agricoltori della Fnsea (il sindacato agricolo), vorrebbe alzare il prezzo da 2,20 a 2,60 euro al litro.
Per l’Italia, che non porta certo burro o latte in polvere all’intervento, questa non è una priorità mentre il ripristino dei sussidi all’export è una misura su cui il fronte mediterraneo è più compatto. Un’alleanza utile anche in vista di eventuali rilievi Ue sui pacchetti di aiuti già varati a livello nazionale. Ieri il governo spagnolo ha annunciato un aiuto di 300 euro a capo per compensare gli allevatori del crollo del prezzo del latte. Ma nell’attuale scenario ribassista dovuto a un eccesso di offerta (esasperato dalla fine delle quote latte), l’unica valida contromisura resta il contingentamento della produzione, magari attraverso un sistema di incentivi volontari agli allevatori. Per garantire non tanto un impossibile ritorno alle quote, ma almeno un «atterraggio morbido» verso il mercato, obiettivo dichiarato della deregulation comunitaria che oggi stride con la dura realtà di una fuga inarrestabile dalla produzione.
Alessio Romeo – IL Sole 24 Ore – 29 agosto 2015