Il ragno è abbastanza comune al sud ma (finora almeno) al nord era inesistente. Se l’è trovata in casa una famiglia del rione a nord di Padova
PADOVA. Magari non è ai primi posti nella graduatoria degli animali bizzarri che uno si può ritrovare a sorpresa in casa, abitando a Padova. Di sicuro scoprire un ornitorinco in garage o un’echidna sotto il letto farebbe più notizia, diciamo così. Però. Però anche imbattersi in cucina in una tarantola con tutti i tarantolini ancora aggrappati al dorso non è proprio cosa di tutti i giorni. Almeno nel nord Italia, perchè invece la lycosa tarantula detta ragno lupo è abbastanza diffusa al sud, isole comprese, e va da sé la sua città di riferimento è Taranto. Da cui prende il nome e dove dà leggendaria ispirazione a tarante, tarantelle, tarantolati, pizziche e compagnia agitante.
A trovarsela davanti, in casa, è stata qualche giorno fa una signora di 54 anni, che abita in una casa singola nella prima campagna a Pontevigodarzere. L’ha osservata, fotografata, ha chiesto informazioni e ha avuto la certezza: tarantola.
Non è persona impressionabile, la signora, ma quel marcantonio di ragno pelosetto francamente la turba un tantino. Così, assieme al figlio, con una serie di manovre che manco le comiche del cinema muto, riesce a rinchiudere la tarantola dentro un vaso di vetro. Poi, dopo animata discussione familiare (schiacciamoli tutti per carità, insiste la mamma crudele. Se lo fai ti tolgo il saluto, risponde il figlio), mamma tarantula viene liberata in mezzo a un campo. Lei e le sue decine di tarantulini. «E’ il più grande ragno italiano», spiega Mauro Ghidotti, e chi sennò?, erpetologo e grande appassionato oltre che studioso di ragni, l’uomo a cui si rivolge la Forestale per consulenze o per affidargli animali. «La lycosa tarantula è diffusa nel sud ma è molto strano trovarla qui. Fa la tana in anfratti, è notturna e si muove molto rapidamente. Ha i denti lunghi e quando morde provoca un dolore lancinante che dura un tot di secondi, poi diminuisce. Simile alla puntura di un’ape. Comunque gli effetti dei veleno sono molto soggettivi». Non che ci sia da preoccuparsi, ma ora a Pontevigodarzere ha preso vagante domicilio una nuova comunità, e anche piuttosto numerosa: mamma tarantola deposita da 50 a un massimo di 2 mila uova. «Quando si schiudono, i ragnetti vanno sul dorso della madre», spiega Ghidotti «e stanno lì da 3 a 7 giorno, poi scendono e sono già autonomi. A quel punto ognuno se ne va per conto proprio, mamma compresa. Probabilmente quelli saranno un centinaio». Un centinaio di simpatiche tarantole a spasso per Pontevigodarzere.
Il Mattino di Padova – 18 ottobre 2012