Con le numerose riforme degli ultimi vent’anni aumentata «la stabilità nel tempo del sistema pensionistico». La strada per rendere pienamente sostenibile il sistema pensionistico passa attraverso lo sviluppo dei «sistemi a capitalizzazione» e dei fondi pensione. «Adeguarsi agli standard internazionali può diventare un importante strumento strategico. Si irrobustisce il sistema pensionistico e al tempo stesso si sostiene la crescita».
La premessa, osserva il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, intervenuto ieri in mattinata al convegno organizzato alla Mefop Lecture «The clash of generations» presso la sala del Parlamentino del ministero, è che l’Italia tra i Paesi Ocse è quello che presenta un numero molto elevato di riforme effettuate in materia di pensioni negli ul t i mi vent’anni. Dalla riforma Amato del ’92 alla riforma Dini nel ’95, per finire con la riforma Monti–Fornero del 2011, che ha innalzato l’età pensionabile, con annessa l’eliminazione delle pensioni di anzianità e il passaggio per tutti al contributivo: tutti interventi che garantiscono, secondo le previsioni relative ai prossimi 15–20 anni, la riduzione della spesa pensionistica di circa 1,5 punti di Pil. «Interventi che accrescono la solidità e la stabilità nel tempo del nostro sistema pensionistico e pongono il debito italiano, pur con il suo alto livello, in una situazione di sostenibilità molto superiore rispetto a quella di diversi altri Paesi».
Padoan coglie nel dibattito pubblico sulla sostenibilità della finanza pubblica italiana la presenza di perduranti «considerazioni superficiali che rischiano di essere dannose. Invito tutti coloro che conoscono la materia a contribuire nello sforzo di fare chiarezza su questo tema».
È il tema del convegno, che ha visto al centro la relazione sul conflitto tra generazioni di Laurence J. Kotlikoff, docente di economia alla Boston University. «Non siete i soli ad avere problemi. Anche noi negli Stati Uniti dobbiamo far fronte al fiscal gap. Molti in Europa guardano al sogno americano, che non c’è più. Se la crescita fosse pari a zero, con gli attuali tassi di sostituzione, i sistemi pensionistici, da noi come da voi, non sarebbero sostenibili. Deficit e debito non sono concetti definiti».
Per Padoan l’omogeneizzazione dell’età pensionabile e il passaggio erga omnes al sistema contributivo, se sostenuti dallo sviluppo dei fondi pensione, costituiscono in prospettiva la garanzia per la solidità e stabilità di una spesa pensionistica che i dati più aggiornati collocano attorno al 16,2% del Pil. Andamento cui guardano Bruxelles, i mercati e le agenzie di rating. Non a caso lo stesso Padoan ha fatto esplicito riferimento nelle due ultime lettere inviate alla Commissione europea, in vista del nuovo giudizio sui conti italiani in programma nel marzo 2015, alla «piena sostenibilità» del nostro debito pubblico, garantita sia dalle riforme del l e pensioni gi à realizzate, che dall’avanzo primario e dal programma di privatizzazioni pari allo 0,7% del Pil l’anno.
È una delle mission della Mefop (società per lo sviluppo del mercato dei fondi pensione) di cui il ministero dell’Economia detiene la maggioranza assoluta delle a z i o ni . «Il pr o f e s s o r Kotlikoff – osserva il presidente della Mefop, Mauro Marè – sostiene che stiamo ponendo a rischio il futuro dei nostri figli. È così. Dagli anni Ottanta è cambiato radicalmente lo scenario, ed è mutato il sentimento stesso di equità tra generazioni».
Del resto, i sistemi a ripartizione sono strettamente connessi all’andamento del mercato del lavoro, e permane un vistoso gap «tra gli orizzonti temporali della politica e le questioni intergenerazionali». Un esempio del conflitto? Il dibattito sulle cosiddette pensioni d’oro. «Si chiede in poche parole a chi ha avuto di più di contribuire a garantire l’equità tra generazioni».
Per Kotlikoff, una possibile proposta, che vale da noi come negli Usa, è la costituzione di una sorta di fondo globale da trasformare in pensione, alimentato con il 10% del salario.
Il Sole 24 Ore sanità – 16 dicembre 2014