«Abbattere la povertà, riducendola almeno del 50%, fra chi ha più di 55 anni di età e garantire una transizione più flessibile dal lavoro al non lavoro e viceversa». Il piano sulle pensioni, che il presidente dell’Inps, Tito Boeri, aveva presentato riservatamente al governo, ieri ha conquistato visibilità sul sito dell’istituto. Destando polemiche. E mettendo il governo nelle condizioni di ribadire il suo «no».
Due le proposte forti contenute nelle 69 pagine intitolate «Non per cassa ma per equità» e confezionate in un vero e proprio disegno di legge in 16 articoli. La prima: un «reddito minimo garantito» di 500 euro (400 € nel 2016 e nel 2017) al mese per una famiglia con almeno un componente ultra 55enne. Piano, finalizzato al reinserimento lavorativo, finanziabile con gli 1,2 miliardi che deriverebbero dalla rimodulazione delle prestazioni assistenziali percepite al di sopra dei 65 anni di età da quel 10% di popolazione che percepisce redditi più elevati, circa 230 mila famiglie. «Questo capitolo assistenziale della proposta è diventato in parte materiale per la delega povertà collegata alla Stabilità, che sarà chiusa entro l’estate» spiega il capoeconomista di Palazzo Chigi, Tommaso Nannicini.
L’altro capitolo invece, quello previdenziale sulla flessibilità in uscita, è stato per ora respinto: «La flessibilità resta una nostra priorità – prosegue Nannicini -. Ma ha un costo finanziario e dei costi politici che non vogliamo sostenere ora, oltre ad avere un impatto redistributivo un po’ perverso».
La proposta prevede per i trattamenti più elevati che fanno capo a gestioni speciali, quelle che di più si sono giovate del calcolo retributivo, circa 250 mila percettori, un contributo «equo» ottenuto attraverso l’immediato ricalcolo della pensione col sistema contributivo per gli assegni sopra i 5 mila euro. Ricalcolo più graduale tra i 3.500 e i 5 mila euro. Stesso metodo per circa 4 mila percettori di vitalizi per cariche elettive. Ulteriori risparmi verrebbero dal ricalcolo parziale delle pensioni delle persone con carriere sindacali e politiche.
I risparmi così ottenuti servirebbero anche a consentire l’uscita anticipata con penalizzazioni sul trattamento, ma solo per quelli sopra la soglia delle tre volte il minimo (1.500 euro), con una revisione al ribasso della quota retributiva. Penalizzazioni che, per 30 mila pensionati di lunga anzianità, potrebbero arrivare al 10% dell’assegno. Nel provvedimento c’è spazio per l’unificazione senza oneri delle pensioni tra le diverse gestioni e una forma di previdenza complementare volontaria. Risultato atteso: un abbattimento del 4% del debito pensionistico. Costi netti: 1,4 miliardi nel 2016, 2,7 nel 2017, 3,6 nel 2018 e il picco, 4,1 miliardi nel 2019.
Il commento La mossa dell’Inps e quel confronto con Palazzo Chigi
Da Palazzo Chigi, verso sera, fanno sapere che l’uscita del piano Boeri sul sito dell’Inps era stata concordata da qualche giorno, proprio per disinnescare eventuali polemiche, sempre in agguato con la Stabilità in Parlamento. Spiegano che la proposta dell’economista era già stata presa in considerazione e valutata. E anche respinta, «per motivi politici, economici, giuridici e di opportunità». Insomma è vecchia e superata. Soprattutto per la parte che riguarda il ricalcolo delle pensioni sopra tre volte il minimo che appare una soglia troppo elevata, per abbassare la quale, però, i costi esploderebbero.
Insomma nessuno atto di sfida di Boeri, quella pubblicazione. E nessuno scontro con il premier. Perché lo scontro (che c’è stato) è già chiuso. Con Boeri che in effetti si prepara ad attuare la prima parte della sua proposta, quella sull’assistenza. E Palazzo Chigi impegnato a far passare il messaggio che «le pensioni non si toccano».
E allora, perché tutto questo clamore? Perché solo un paio d’ore prima della pubblicazione concordata del piano, le agenzie hanno sfornato alcune dichiarazioni di Renzi, tratte dal libro di Vespa, in cui spiegava che «alcuni correttivi proposti da Boeri avevano un valore di equità: si sarebbe chiesto un contributo a chi ha avuto più di quanto versato. Non mi è sembrato il momento: dobbiamo dare fiducia agli italiani». Dopo questa bocciatura, l’incauta pubblicazione del piano Boeri è suonata come un atto di sfida che ha diviso i commentatori tra tifosi e detrattori dell’economista. In un crescendo cui le precisazioni di Palazzo Chigi hanno cercato di porre fine. Almeno fino a quando non è entrato in campo il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, che per tagliare la polemica ha tagliato un po’ corto: «Si è deciso di rinviare perché quel piano, oltre a misure utili come la flessibilità in uscita, ne contiene altre che mettono le mani nel portafoglio a milioni di pensionati, con costi sociali non indifferenti e non equi».
Il Corriere della Sera – 6 novembre 2015