Con l’entrata in vigore del nuovo regolamento comunitario sulle informazioni ai consumatori (Reg. CE 1169/2011) ci sono alcune novità in tema di aromi. Fino al 2008, questi erano divisi in 3 categorie: naturali (ricavati da prodotti come vegetali, fiori, frutta o verdura); natural-identici (chimicamente uguali nella struttura a quelli naturali, ma creati in laboratorio); artificiali (prodotti interamente in laboratorio su strutture chimiche diverse rispetto a quelle esistenti in natura).
Questa classificazione permetteva al consumatore di scegliere in base a requisiti di sicurezza e qualità e al produttore di vedere premiate le proprie scelte virtuose.
Dal gennaio 2011 gli Stati dell‘Unione Europea hanno recepito definitivamente le nuove regole basate sul regolamento 1334, CE che rendono tutto meno chiaro e trasparente. Scompare di fatto la possibilità di utilizzare la dizione “aromi naturali-identici” in etichetta, perché sia questi che gli aromi artificiali vanno indicati sotto il generico nome “aromi”. Una vittoria della lobby delle industrie produttrici, fortemente concentrata in un pugno di grosse imprese multinazionali, che controlla sia il mercato food che cosmetici e profumi.
In base alle nuove regole, però, i produttori che aggiungono solo aromi naturali possono indicare in etichetta “aroma naturale di … ” se almeno il 95% dell’aroma deriva per estrazione dalla materia prima di origine naturale. Diversamente, si può usare la menzione “aroma naturale di … con altri aromi naturali” laddove il gusto finale è ottenuto a partire anche da altri aromi pur sempre naturali (estratti da altre materie prime di origine naturale). In questo caso, l’aroma naturale è inferiore al 95%, a differenza del caso precedente.
Infine, si può semplicemente usare la definizione “aroma naturale”, laddove il gusto della sostanza (ad esempio, il caffè) che si intende promuovere anche nella denominazione di vendita, non è affatto presente, ma il mix di altri aromi (naturali per estrazione) permette di ricostruire un gusto-profumo paragonabile a quello del caffè. Qui l’aspetto problematico non riguarda la sicurezza alimentare ma semmai la corretta informazione ai consumatori, che possono essere ingannati dalle indicazioni in etichetta riferite al gusto e che si attendono.
Bisogna quindi imparare a sospettare dalla definizione generica “aromi”, in quanto può nascondere sia prodotti natural-identici che (più probabilmente) artificiali. I produttori che utilizzano solo estratti naturali, lo devono indicare chiaramente in etichetta, nella lista degli ingredienti (“aroma naturale di …”).
Gli “aromi ”come genericamente definiti dalla nuova normativa sono di largo utilizzo perché poco costosi e possono trarre in inganno il consumatore. Ma non pochi aspetti rimangono problematici anche per la sicurezza alimentare, in ragione sia del potere di condizionare la quantità di cibo consumata (di molto maggiore in cibi resi più attraente dagli aromi), sia dei rischi derivati dall’assunzione continua e congiunta di diverse molecole sintetiche di questo tipo. Molecole per le quali spesso mancano dati tossicologici sufficienti a decretarne la assoluta sicurezza alimentare, e per le quali si procede con una valutazione “semplificata” di default.
Coldiretti ha partecipato ad una consultazione pubblica di Efsa proprio per cercare di limitare al massimo il ricorso ad un processo di valutazione del rischio chimico iper-semplificato che porta le multinazionali degli aromi a vedere introdotte ogni anno, con una facilità estrema, molecole sintetiche dagli effetti sconosciuti sulla salute umana.
Questo processo altera anche il funzionamento del mercato dei prodotti alimentari “evoluti” e ad alto tasso di trasformazione, dove la concorrenza è elevata, facilitando i competitor che speculano sul prezzo degli aromi (artificiali) a discapito di quelli naturali. Abbiamo quindi chiesto con forza la massima tutela sia per i cittadini consumatori che per chi produce alimenti sicuri e di qualità.
11 luglio 2012