Non è neanche riuscita a finire il tiramisù. Dopo il secondo cucchiaino ha iniziato a sentirsi male. È corsa in bagno, è uscita, ha chiesto aiuto. All’arrivo dell’ambulanza era già in choc anafilattico. Anna B., ventuno anni non ancora compiuti, è morta dopo dieci giorni di coma, in un letto dell’ospedale San Raffaele di Milano.
A provocarle la gravissima crisi nel ristorante di una catena vegana specializzata in corso Garibaldi, via della movida milanese, dai primi accertamenti condotti dalla procura, sarebbe stato proprio quel dolce, il «Tiramisun» con marchio Mascherpa, prodotto dalla Glg srl con sede ad Assago, nel Milanese e ora ritirato dal mercato dal ministero della Salute. Un dolce che conteneva, senza riportarlo sull’etichetta – e non si sa ancora in che quantità – le proteine del latte.
La vittima, infatti, aveva una ipersensibilità allergica ai latticini. Lo sapeva. Per questo con il fidanzato era andata a cenare proprio in quel locale. E non era neanche la prima volta. Dopo la sua morte, la procuratrice aggiunta Tiziana Siciliano e il pm Luca Gaglio hanno aperto un fascicolo d’inchiesta per omicidio colposo, frode nell’esercizio del commercio e vendita di sostanze alimentari non genuine. In vista dell’autopsia sul corpo della vittima, nel registro degli indagati sono stati iscritti quattro nomi: quelli del titolare, del responsabile della produzione e di due dipendenti della Glg.
Un numero che, però, rischia di crescere. Perché dagli esiti degli ultimi accertamenti arrivati nella serata di ieri, è emerso che Anna fosse fortemente allergica anche alle uova. E traccia di queste ultime sarebbe stata trovata dall’Ats, l’Agenzia di tutela della salute, nella maionese con cui era stato condito il panino che la ragazza aveva consumato per cena. Una salsa prodotta proprio dal locale vegano. Non si sa ancora se Anna, in passato, avesse già mangiato quell’hamburger. Ma scontati, a questo punto, appaiono ulteriori approfondimenti per stabilire con certezza che cosa le abbia provocato lo choc anafilattico che l’ha portata alla morte.
I fatti risalgono alla notte tra giovedì 26 e venerdì 27 gennaio. Anna era uscita col fidanzato e insieme avevano deciso di cenare in quel ristorante completamente vegano. Entrambi hanno preso un hamburger, poi hanno deciso di concludere col dolce. In pochi istanti la ragazza è finita sul pavimento, priva di sensi. Subito è stata chiamata un’ambulanza che ha portato la ragazza d’urgenza e in condizioni disperate al San Raffaele, dove i medici hanno fatto il possibile per provare a salvarla. Anna, purtroppo, non si è mai risvegliata.
Nel locale in centro sono intervenuti i poliziotti del commissariato Sempione, che hanno raccolto le prime informazioni e le testimonianze del cameriere e del fidanzato della vittima. Avvisati i magistrati del pool Ambiente, salute, sicurezza e lavoro della procura, con l’aiuto dei carabinieri del Nas, i sette vasetti di Tiramisun presenti nel ristorante sono stati sequestrati e analizzati. Così come sono finiti sotto sigillo probatorio altri 95 vasetti dello stesso dolce trovati nello stabilimento di produzione. Dove, peraltro, vanno avanti i sopralluoghi di Nas e Ats per capire in che modo il dolce sia stato prodotto e quale sia stata la causa della sua contaminazione.
Gli accertamenti qualitativi condotti sul Tiramisun, intanto, hanno confermato la presenza di proteine del latte in quel dolce, nonostante alcun tipo di latticino fosse riportato sull’etichetta del prodotto. Per capire in che quantità fossero presenti nel vasetto, però, bisognerà attendere l’esito di ulteriori analisi già disposte dai magistrati, assieme alla consulenza tecnica di un allergologo.
Nel frattempo, il ministero della Salute ha diramato il ritiro del prodotto dal mercato e dai 63 negozi che lo vendevano in tutta Italia, per la «presenza di allergene», ovvero di «proteine del latte» non indicate nell’etichetta. Nel richiamo del lotto con scadenza 23 luglio, il ministero invita chi lo abbia acquistato a «non consumare il prodotto e a riportarlo al punto vendita per il rimborso». In un comunicato diffuso in serata, il procuratore Marcello Viola sottolinea l’importanza di «sensibilizzare le persone potenzialmente a rischio dall’ingerire sostanze non accuratamente controllate».
Mona-Rita Yacoub L’allergologa del San Raffaele: “Episodi così sono rari, ma capitano”