Il ministro Elsa Fornero proprio non riesce a capire perché i lavoratori la critichino tanto. «Vengo a cena a casa sua e sono convinta di riuscire a farle capire un po’ delle nostre ragioni», spiegava il Ministro a una contestatrice di Cortona.
Poi la visita, lo scorso 23 aprile, alla fabbrica Alenia di Caselle, per illustrare agli operai dell’aeronautica la Riforma del Lavoro. «Abbiamo apprezzato il gesto», dice l’operaio specializzato Antonio Iannuzzelli. «Ma il ministro è stato contestato duramente».
Elsa Fornero si è messa di impegno per spiegare ai lavoratori una riforma che avrà conseguenze importanti sulla vita degli italiani. A differenza del collega Corrado Passera, che mai si mostra nelle fabbriche, il ministro del lavoro si è esposto alle critiche più pesanti, ai duri e puri della Fiom. Parlare coi lavoratori è un’attività encomiabile. Ascoltare, è una cosa diversa. Agli appelli degli esodati il Ministro rispondeva di:«Liberarsi dell’idea che sia impossibile per un sessantenne trovare un lavoro part-time». Ai sindacati diceva che: «Il lavoro non è un diritto», dalle pagine del Wall Street Journal (salvo poi specificare posto di lavoro, non lavoro tout court). Ai lavoratori over 50 fa notare che i loro salari dovrebbero essere abbassati, perché a quell’età si è meno produttivi. Agli operai Alcoa che occupavano il tetto di un silos dice che: «Sarebbe sbagliato dire che garantiremo i vostri posti di lavoro».
Quali sono gli effetti concreti di una Riforma del Lavoro più volte spiegata agli operai? Per capirlo siamo tornati all’Alenia dagli stessi operai del 23 aprile, quattro mesi dopo la visita del ministro. «Significa che sei fottuto», è il giudizio di Giulio Basile, cassintegrato Agile Eutelia, anche lui quel giorno a ricevimento dal ministro. «C’è stata una sottovalutazione generale della riforma degli ammortizzatori sociali», aggiunge Federico Bellono, segretario provinciale Fiom. «Abrogando la mobilità hanno tagliato tre anni di ammortizzatori». All’Alenia, poi, hanno adottato una organizzazione dei turni flessibile, ma il sindacalista Antonio Fraggiacomo spiega: «Non c’era bisogno di questa riforma per il sistema che abbiamo adottato». Ci sono le Partite Iva: «Si è disegnato un sistema per individuarle e correggerle che, piuttosto che trasformarle in dipendenti a tempo determinato, rischia di trasformarle in disoccupati.», dice Silvia Bencivenni, che lavora per Raitre.
Elsa Fornero pochi giorni fa si chiedeva: «Se tutte queste critiche non derivino anche dal fatto di essere un ministro donna». Nel frattempo il 5 settembre è arrivata la denuncia dalla Fistel Cisl, sul primo caso di licenziamento per motivi economici, come previsto dalla riforma Fornero. La licenziata è una giovane donna.
Flessibilità modello Alenia. Sono passati oltre quattro mesi dalla visita del ministro Fornero alla fabbrica aeronautica Alenia (gruppo Finmeccanica) di Torino, in quella che venne definita la “prova Alenia” dalla stampa. Prova superata a pieni voti: nonostante alcune contestazioni arrivarono gli applausi. Ora la prospettiva è un po’ diversa. «Gli applausi furono di cortesia, perché siamo delle persone civili», spiega Antonio Iannuzzelli, operaio Alenia, «Ma il ministro fu criticato». Se la flessibilità sul posto di lavoro è uno degli obiettivi prospettati dal governo Monti e dalla riforma, l’Alenia, dove lavorano in 1.700, costituisce un esempio virtuoso: lo scorso 14 luglio è stato sottoscritto un accordo da tutte le sigle sindacali per una turnazione flessibile del lavoro. Ma in maniera molto lontana dal “modello Pomigliano” adottato in Fiat: «Non c’è l’esigibilità dell’accordo, cosa che in Fiat c’è», spiega il sindacalista Antonio Fraggiacomo. «Non ci sono 120 ore di straordinario obbligatorie, cosa che in Fiat c’è, non ci sono dei turni che vengono definiti a priori e si applicano ma c’è una discussione con le rsu, cosa che chiaramente in Fiat non c’è», conclude.
L’accordo è stato sottoscritto secondo contrattazione nazionale, con un orario di lavoro entro le 40 ore settimanali e un massimo di 40 ore annue di straordinario. I sabati di turnazione verranno smaltiti con un sistema di compensazioni. Una flessibilità concordata, quindi: «La nuova organizzazione partiva con l’azienda che decideva in maniera unilaterale sulle turnazioni, e convocava la rsu con una settimana di preavviso», spiega Fraggiacomo. Con l’accordo invece si è ottenuta la salvaguardia della titolarità del sindacato per contrattare le turnazioni. «In Fiat le regole della contrattazione sono state disattese con accordistiche che la Fiom non ha condiviso, e che comunque poi non hanno portato nessun frutto», conclude Iannuzzelli. E la riforma? «Avremo avuto lo stesso accordo senza che la Fornero avesse fatto nulla».
Addio ammortizzatori sociali. Il 23 aprile fuori dall’Alenia c’era anche un gruppo di cassintegrati Agile Eutelia di Torino, per parlare della propria vertenza alla Fornero. «Abbiamo fatto un po’ di can can fuori per poterla incontrare», racconta Giulio Basile, ex quadro Eutelia. «Gli abbiamo chiesto se conosceva la nostra storia – continua Basile -lei ha detto che non la conosceva ma che si sarebbe documentata e ci avrebbe fatto sapere. Stiamo ancora aspettando questa risposta».I lavoratori Agile Eutelia, ancora mille in cassa integrazione da nord a sud, cercano un ministro che si interessi alla loro vicenda dopo anni di manifestazioni e occupazioni. Nel corso dei mesi i lavoratori che vengono dalla Olivetti hanno imparato a fare da soli. «Abbiamo istituito in ogni sede – spiega Basile – dei conti di solidarietà per fare noi da prestito ai colleghi in difficoltà col mutuo da pagare».
In Agile, in pratica, si sono creati da soli gli ammortizzatori sociali vendendo arance nelle piazze. Le “arance metalmeccaniche”, con l’aiuto di Rifondazione Comunista. Per questo ora si preoccupano per la riforma degli ammortizzatori: «Mi preoccupa il fatto che finita la cassa integrazione straordinaria non si hanno più gli anni di mobilità». La riforma del lavoro, infatti, prevede che nel 2017 l’indennità di mobilità verrà sostituita dall’Aspi, la nuova assicurazione sociale per l’impiego. Ma cosi facendo si sono tagliati anni di tutele: oggi il lavoratore di un’azienda che richiede la cassa integrazione ha davanti a sé un percorso. Uno o due anni di cassa integrazione ordinaria. Poi la cassa straordinaria, che può durare due o tre anni. Dopo questa c’è la mobilità, che per un cassintegrato over 50 che vive al Sud può arrivare fino a quattro anni (al centro nord sono tre). L’Aspi, però, viene erogata solo per un massimo di 18 mesi. In questo modo il lavoratore perde due anni e mezzo di ammortizzatori sociali.
Doppia penalizzazione. «La Riforma dovrebbe puntare con l’Aspi ad allargare il numero dei soggetti coinvolti dagli ammortizzatori», spiega Bellono della Fiom. «Ma in realtà non c’è un aumento significativo dei soggetti, quanto una diminuzione significativa della durata». La mobilità non è l’unico ammortizzatore a venire abrogato. A questa vanno aggiunte diverse tipologie di cassa integrazione straordinaria. «Ci sarà un incremento della cassa in deroga, pagata dalle regioni, quindi totalmente dal pubblico», aggiunge Bellono. Quello che avviene, poi, è un cambiamento radicale: «La logica dell’Aspi è di carattere assicurativo, nulla a che vedere con il rilancio e la riqualificazione di un’azienda».
Ma bisogna analizzare la riforma degli ammortizzatori sociali anche alla luce della riforma delle pensioni: «Con i due anni in più che devi fare per andare in pensione, praticamente sei fottuto», spiega Basile. «Se tu non hai 42 anni di contributi oggi, vai in pensione a 67 anni. E siccome in questo paese ormai fare 42 anni di contributi consecutivi è impossibile, automaticamente la riforma delle pensioni oggi vuol dire mandare tutti in pensione a 67 anni. Questa è la vera riforma del lavoro che hanno fatto». Il sindacalista Bellono parla di doppia penalizzazione: «Perché si accorcia l’ammortizzatore mentre si allontana la pensione. Questo avrà delle conseguenze sociali pesanti», conclude.
Nel frattempo arriva la denuncia dalla Fistel Cisl, sul primo caso di licenziamento per motivi economici, come previsto dalla riforma Fornero, da parte della società cinese di telecomunicazione Huawei. «Puntiamo a farne un caso pilota e ad ottenere il reintegro della lavoratrice», spiega il sindacalista Giorgio Serao. E’ ufficialmente riformato, il mondo del lavoro.
14 settembre 2012 – L’Espresso