Si potranno «indire» elezioni con l’Italicum solo dopo il 31 maggio 2016. Escluso quindi il ritorno al voto con la nuova legge prima del 2017. Bisognerà attendere la fine della prossima settimana per entrare nel vivo della battaglia sulle riforme. Gli stessi giorni in cui, presumibilmente, sarà stato avviato anche il countdown per l’elezione del nuovo Capo dello Stato. Un incrocio pericoloso largamente previsto ma non per questo meno rischioso.
Per adesso tanto l’Italicum a Palazzo Madama, che la riforma costituzionale del Senato, sulla quale si è cominciato a votare ieri alla Camera, procedono senza scossoni né accelerazioni, tant’è che entrambi i rami del Parlamento si sono aggi ornati al l ’ i ni zi o dell a prossima settimana per riprendere l’esame dei rispettivi provvedimenti.
Il via libera del governo alla clausola di salvaguardia antiurne ha decisamente alleggerito il clima al Senato. La bozza di emendamento prevede che solo dopo il 31 di maggio 2016 potranno essere indette elezioni con l’Italicum. Di fatto un eventuale scioglimento anticipato della legislatura, non potrà avvenire prima del 2017, a meno di non voler votare a metà luglio (servono infatti almeno 45 giorni dal momento in cui vengono indette le elezioni) o peggio in autunno durante la sessione di bilancio. Se verrà data questa assicurazione dovrebbero anche attenuarsi le minacce ostruzionistiche che in commissione si erano concretizzate in circa 18mila emendamenti, di cui 16mila di Calderoli. La Lega sembra ben disposta: «Vogliamo però che si dica esplicitamente che nel frattempo la legge elettorale è il Consultellum», insiste Calderoli. Si vedrà.
Martedì scade il termine per la presentazione degli emendamenti. L’intenzione di Renzi è non discostarsi dall’accordo raggiunto con la sua maggioranza ovvero: premio di maggioranza alla lista che supera il 40%, soglie di sbarramento al 3%, capilista bloccati per 100 collegi nonostante i mugugni della minoranza del Pd. Silvio Berlusconi, pur continuando a perorare la causa del premio alla coalizione, non è intenzionato a mettersi di traverso ovvero a far saltare il Patto del Nazareno. Certo dentro Fi le acque sono tutt’altro che tranquille. Ieri alla Camera alcuni emendamenti fittiani alla riforma costituzionale sono stati sostenuti da gran parte degli azzurri, compresa una fedelissima berlusconiana come Micaela Biancofiore a conferma del malessere diffuso tra le fila forziste. Berlusconi ne è consapevole e anche per questo sta accelerando i tempi per il recupero della sua piena libertà, convinto che con lui nuovamente alla guida del partito anche il dissenso è destinato a rimanere circoscritto.
Nel frattempo però in Parlamento si contano i voti. E soprattutto a Palazzo Madama, dove i i fittiani ufficiali sono almeno circa un terzo del gruppo, pesano parecchio e hanno già nei cassetti una massiccia dose di emendamenti. La clausola di salvaguardia però va bene anche a loro e quindi è probabile che rientrerà anche l’ostruzionismo.
Tutto a posto dunque? Troppo presto per dirlo. Anche perché la trattativa sul Quirinale inevitabilmente si sovrappone al dibattito sulle riforme. La data del voto finale resta quantomai incerta. Al Senato sull’Italicum si comincerà non prima di giovedì mentre alla Camera la giornata di ieri non è bastata per arrivare al voto sul primo articolo della riforma costituzionale.
Il voto finale di entrambe, se non ci saranno ostacoli imprevisti, è atteso non prima della settimana che va dal 19 al 24 gennaio, ovvero a pochissimi giorni dalla convocazione in seduta comune del Parlamento per l’elezione del nuovo Capo dello Stato, se come sembra assai probabile Giorgio Napolitano si dimetterà subito dopo il discorso che Renzi terrà martedì prossimo per la conclusione del semestre italiano di presidenza della Ue.
Il Sole 24 Ore – 9 gennaio 2015