La sanità italiana tra i suoi mali ha anche quello di un contenzioso danni che nel tempo è diventato esplosivo. In dieci anni la frequenza dei sinistri è cresciuta inesorabilmente: 4,8% ogni 100 medici, 2,7% ogni 100 posti letto e 7,2% ogni mille ricoveri. Con il risultato di portare alle stelle i costi assicurativi.
E chi sbaglia paga: per questo un medico in media spende per una polizza circa 7mila euro e un infermiere 3mila. Un onere che è totalmente in capo al medico quando è libero professionista. Lo dicono i dati del 6° rapporto Medmal Claims di Marsh – su un campione di 42mila richieste di risarcimento in ambito sanitario, registrate in 10 anni, in 89 strutture in tutto il Paese – che stima un costo delle polizze dei medici tra i 5 e i 12mila euro.
L’oscillazione dipende da alcuni elementi chiave: struttura, reparto, specialità. Il costo va infatti quantificato in base a molti fattori, in primis le specialità cliniche in cui si registra un maggior numero di richieste per risarcimento danni. La struttura regina della malpratice è il pronto soccorso che registra ben il 13% delle denunce di sinistro. Invece, se ci riferiamo alle specialità, gli ambiti più a rischio sono l’ortopedia (13,25%), la chirurgia generale (10,3%) e la ginecologia (7,5%). Tanto che il valore assicurativo di un posto letto è stimato intorno ai 4.074 euro, ma in quei reparti il costo cresce. E ogni singolo ricovero costa 107 euro.
I medici pagano per la copertura assicurativa 6.300 euro al Nord, fino a 9.700 euro al Centro e “solo” 3.900 al Sud (dove si registrano meno denunce). Questi conti portano al rovescio della medaglia: il boom della medicina difensiva. I medici per paura di “ritorsioni” da parte dei pazienti non esitano a esagerare con prescrizioni di esami e farmaci. Per il Cineas, Consorzio universitario del Politecnico di Milano, la medicina difensiva vale fino a 13 miliardi di euro, pari al 10% della spesa sanitaria.
E dunque, il groviglio non può che approdare alle aule di tribunale, dove però la matassa rischia di complicarsi ulteriormente. Per anni migliaia di cause sulla malpractice medica sono state regolate dai principi contenuti nella sentenza chiave della Corte di Cassazione, la n. 589/1999, che ha sancito la natura contrattuale della relazione che collega un paziente a una struttura sanitaria e al medico, con costi pesantissimi a carico delle strutture sanitarie. Per la Suprema Corte la responsabilità del medico è di natura contrattuaale, con la conseguenza che i termini della prescrizione durano 10 anni e sostanzialmente l’onere della prova grava su medico e struttura. Da qui è nato, per esempio, l’obbligo del consenso informato per ogni atto medico invasivo. Ma questa interpretazione è stata ridisegnata, secondo alcuni tribunali, da un passaggio della legge Balduzzi 189/2012, che invece per la Rc riporta la situazione nell’alveo della responsabilità extracontrattuale per cui il paziente, secondo altri giudici, ora ha cinque anni per rivalersi sul medico prima della prescrizione e in più deve sobbarcarsi l’onere di provare il danno subito. Il doppio binario per la risoluzione delle controversie fa lievitare tempi e costi.
Da più parti si richiede un intervento legislativo che faccia chiarezza, e giacciono in Parlamento non uno ma dieci progetti di legge in tema di responsabilità professionale dei sanitari che affrontano direttamente il problema della malpractice in sanità.
Solo il medico del Ssn non ha l’obbligo di assicurarsi, perché è la struttura pubblica che se ne fa carico, ma di fatto, per la Rc, gran parte dei camici bianchi sceglie di assicurarsi. Per evitare brutte sorprese.
Il Sole 24 Ore – 9 marzo 2015