Ammonta a 100 medici, altrettanti infermieri e a 70 tra tecnici e amministrativi, il fabbisogno “supplementare” nella sanità che la Regione Veneto (come previsto dalla Legge di stabilità) segnala al ministero alla luce della nuova legislazione europea che estende l’intervallo tra i turni di lavoro negli ospedali, determinando cosi l’esigenza di nuove assunzioni.
La stima riflette l’esito del monitoraggio che il direttore generale Domenico Mantoan, d’intesa con l’assessore Luca Coletto, ha compiuto nelle 24 Ulss e Aziende sanitarie del territorio e la questione, aldilà dei risvolti politico-istituzionali, crea non poche tensioni nel microcosmo sanitario del Veneto, dove medici e infermieri lamentano carichi di lavoro eccessivi e retribuzioni inadeguate. In questi anni, a causa del blocco parziale del turnover, i camici bianchi nostrani sono scesi di 157 unità, tanto da spingere un esponente dell’opposizione – il consigliere dem Piero Ruzzante – a ribadire «la necessità che il Governo ponga il Veneto nelle condizioni di assumere maggior personale e di pagarlo meglio».
Dove l’allusione corre agli stipendi degli infermieri, inferiori alla media nazionale a causa di una distorsione del fondo nazionale incentivi, che ignora bellamente ogni standard meritocratico. Acque agitate anche sul versante medico: il 17 e 18 marzo, per la prima volta, ospedalieri e medici di famiglia sciopereranno insieme in difesa della «sanità pubblica minacciata dai continui e irrazionali tagli del Governo», accusato di smantellare progressivamente i servizi del welfare a esclusivo vantaggio della sanità privata.
(f.tos.) – IL Mattino di Padova – 2 marzo 2016