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Sanità Veneto. Schede ospedali, è cominciato il pressing per ridurre i tagli

Il presidente della quinta commissione Padrin: «Spazio ai correttivi, ma l’impostazione non si tocca». Critici primari e medici. Il Pd: «Revocare la delibera sulle linee guida»

Le schede ospedaliere? Sono da rivedere. Parte da più voci l’invito all’assessore veneto alla Sanità, Luca Coletto, a rimodulare le schede di dotazione ospedaliera varate a metà giugno dalla Giunta regionale, sulla base dei parametri obbligatori imposti dal governo centrale (ossia 3 posti letto per acuti per mille abitanti e 0,5 letti per riabilitazione e lungodegenza per mille abitanti) e in funzione del nuovo Piano socio-sanitario. Una cura che – per la provincia di Verona – comporta la riduzione di complessivi 317 posti letto, in parte compensati dall’attivazione di 177 letti per la riabilitazione e soprattutto la nascita del polo ospedaliero a due gambe (Bussolengo e Villafranca) che sta scatenando le proteste dei sindaci dell’Ulss 22. Le schede delle 22 Ulss venete, delle due Aziende ospedaliero universitarie (Verona e Padova) e dell’Istituto oncologico veneto sono adesso all’esame della quinta Commissione, il cui parere è obbligatorio, ma non vincolante. Spiega il presidente, Leonardo Padrin (Pdl), che ultimerà a breve le consultazioni con i dirigenti sanitari, i sindaci e le categorie sanitarie: «In questa fase di audizioni ci sono stati e continuano a esserci pareri molto autorevoli e puntuali, anche per questo ci sarà sicuramente spazio per dei correttivi. Va comunque chiarito che l’impostazione generale non dovrà essere toccata, anche perchè ampiamente condivisa e frutto di un lungo percorso».  Parole che suonano come un freno alle aspettative di chi spera in un ripensamento. Tra questi i primari e medici ospedalieri, che hanno dato un giudizio negativo su parecchi elementi. In particolare primari e medici criticano l’eccessiva e precipitosa riduzione dei posti letto per acuti, la scarsità di quelli per lungodegenti e la persistente carenza di strutture intermedie tra ospedale e territorio. A questo proposito hanno precisato che il trasferimento dei posti letto ospedalieri al territorio deve essere messo in sequenza logica: prima si aprono i posti nel territorio e poi si chiudono quelli ospedalieri. Inoltre, hanno poi sottolineato, va frenato il trasferimento di attività dalle strutture pubbliche a quelle private convenzionate, come pure la clinicizzazione universitaria di strutture ospedaliere. Per primari e medici, in sostanza, le schede non offrono soluzioni per aumentare l’efficacia delle strutture con contenimento o diminuzione dei costi.  Critici anche i dirigenti della Cgil veneta. «La definizione delle schede ospedaliere arriva con un anno di ritardo rispetto all’approvazione del Piano socio-sanitario», si legge in una nota, «enon si comprendono i parametri utilizzati, in quanto non si è affrontato il tema della sovrapposizione dei reparti e degli sprechi che producono. Inoltre i tagli sono pesanti per gli ospedali pubblici e lievi per i privati». Infine, ci sono gli attacchi politici alla manovra sanitaria. I consiglieri regionali del Pd Bruno Pigozzo, Claudio Sinigaglia, Stefano Fracasso, Sergio Reolon e Giampietro Marchese, tutti componenti della commissione sanità, contestano la delibera 975 laddove definisce le linee guida per le Ulss, l’organizzazione del distretto socio-sanitario e del Dipartimento di Prevenzione, e ne chiedono il ritiro.  «La delibera», spiegano i cinque consiglieri, «è stata approvata prima ancora che le schede sanitarie abbiano il loro definitivo via libera. La Giunta non ha inoltre rispettato le regole previste dal Piano socio-sanitario, che prevede che i provvedimenti applicativi siano prima trasmessi alla commissione Sanità, per un parere di merito. Cosa che non è accaduta. Chiediamo quindi l’immediata revoca»

L’Arena – 15 luglio 2013 

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