Sei voti di fiducia in quattro mesi per il governo gialloverde che ieri ha blindato in aula l’approvazione del disegno di legge anticorruzione, al Senato, e del decreto fiscale alla Camera.
Già a settembre, l’esecutivo guidato da Giuseppe Conte aveva intrapreso la scorciatoia del voto di fiducia per altro percorsa da tutti i governi precedenti quando l’opposizione attua il cosiddetto filibustering (ma non è questo il caso, visto l’ostruzionismo soft di Pd, Leu, FI e FdI) oppure quando la tenuta della maggioranza inizia a fare acqua. E per il governo M5S-Lega è andata così con il Milleproroghe il 12 settembre alla Camera, con la fiducia «bicamerale» sul decreto sicurezza a novembre, con il Bilancio di previsione il 6 dicembre alla Camera e ieri con la doppia fiducia simultanea sul decreto fiscale (Camera) e sul ddl anticorruzione (Senato).
E mercoledì prossimo potrebbe arrivare alla Camera la settima fiducia proprio sul terzo passaggio parlamentare del ddl anticorruzione che, oltre a inasprire le pene per i reati contro la pubblica amministrazione, introduce il congelamento della prescrizione dei reati dopo la sentenza di primo grado (anche in caso di assoluzione). Il tutto a partire dal 2020 quando, secondo gli impegni verbali presi dal M5S con la Lega che ha pure parlato di «bomba atomica», dovrebbe essere pronta l’ennesima riforma del processo penale.
Il tema del blocco della prescrizione e delle pene più severe per i colletti bianchi crea seri mal di pancia anche all’interno della Lega che ieri ha fatto sentire solo la voce favorevole del senatore Pasquale Pepe (eletto a Potenza nella lista Salvini Premier-Partito sardo d’Azione): «Legge coraggiosa, azione incisiva del governo…». Ma il ddl anticorruzione ha già provocato la reazione durissima degli avvocati. E ieri si è aggiunto anche un parere certo non tenero sulla legge del Consiglio superiore della magistratura (all’ordine del giorno del plenum del 19 dicembre) che ha evidenziato, tra l’altro, due aspetti fortemente critici della riforma della prescrizione: 1) la soluzione proposta interviene dopo il primo grado quando la maggior parte dei reati (circa la metà dei 175 mila registrati nel 2017) viene prescritta nella fase delle indagini preliminari; 2) a legislazione invariata, non è da escludersi che i gradi successivi al primo (appello e legittimità) «si svolgano più lentamente del passato». Insomma, senza altri interventi strutturali sul processo, il Csm prevede che la riforma non acceleri ma rallenti i tempi del processo.
Lunedì, dunque, il testo torna per la terza lettura alla Camera dove a rigore si potrà riesaminare solo la modifica al testo apportata dal Senato: vale a dire la cancellazione della norma «salva Lega» (con l’azzeramento dell’emendamento di Catello Vitiello del gruppo Misto passato con il voto segreto alla Camera) che derubricava ad abuso d’ufficio alcune fattispecie di peculato commesso anche dai consiglieri regionali. Ora l’emendamento verrà ripresentato da Vitiello e il governo avrà due opzioni: affrontare il voto segreto dimostrando così di avere sanato i mal di pancia della Lega oppure mettere la fiducia (la settima) per paura dei franchi tiratori.
Il ministro della Giustizia, il grillino Alfonso Bonafede, già pregusta lo «spazzacorrotti day» che il M5S intende celebrare il 22 dicembre in tutta Italia: «È un messaggio importante per tutti i cittadini onesti». Non la pensa così l’ex sottosegretario alla Giustizia Enrico Costa (Forza Italia): «Il Senato ha votato la fiducia delle manette gialloverdi».
CORSERA