In Cina, l’attenzione alla sicurezza alimentare e la consapevolezza dei principi di una sana alimentazione viaggiano sempre più di pari passo. L’Italia può contribuire allo sviluppo di questo processo in un Paese chiave per gli equilibri dell’alimentazione mondiale offrendo il patrimonio della sua cultura alimentare e delle tecniche di controllo accumulate in decenni di esperienza.
«L’Italia è il Paese in cui si mangia meglio e si vive meglio», ha ricordato l’ambasciatore Ettore Sequi, presentando l’incontro dedicato proprio all’intreccio dei due temi e al quale hanno partecipato esperti italiani e cinesi, tra questi ultimi Su Yi-Xiang, vicerettore della Scuola di salute pubblica dell’università Sun Yat-Sen, e Ding Shao-Hui segretario generale dell’associazione cinese dei prodotti confezionati. Per l’Italia e sul versante nutrizionista è intervenuto Livio Luzi, luminare nel campo delle malattie metaboliche dell’Università degli Studi di Milano.
Il periodo per toccare questi temi è quello giusto, l’anno scorso Pechino ha divulgato le nuove linee guida nutrizionali ed è in corso il processo di revisione delle vecchie linee guida sugli snack.
C’è curiosità per gli sviluppi possibili, perché la Cina è un Paese atipico, sia per la grande differenza tra aree rurali e aree urbane, sia per le peculiarità genetiche della popolazione (basti pensare alla predisposizione al diabete).
La posizione condivisa dalla maggior parte dei nutrizionisti vale anche per la Cina: colpire una categoria di alimenti solo in base al contenuto di un nutriente (ieri i grassi, oggi lo zucchero) non porta a benefici sul lungo periodo.
Forte è il bisogno – è stato ricordato durante il dibattito –, anche in questo mercato sterminato per le sue proporzioni e per la vastità geografica, di educare a una dieta il più possibile varia, per ottenere una dieta bilanciata e uno stile di vita attivo. Per non parlare del ruolo che le porzioni possono giocare nella corretta gestione della dieta.
Alla parte di sicurezza alimentare hanno poi contribuito Marco Silano dell’Istituto superiore di sanità che ha distinto chiaramente il tema della individuazione dei rischi da quello della gestione, sulla quale, come è noto, la Cina in passato ha dimostrato poca dimestichezza, e Francois Tomei, direttore di Assocarni, che su quelle fresche bovine sta portando avanti un negoziato importante proprio qui in Cina per aprire un varco ai nostri prodotti.
Rita Fatiguso Il Sole 24 Ore – 30 aprile 2017