Il pagamento dei debiti arretrati della pubblica amministrazione verso le imprese avanza. E supera quota 36 miliardi di euro, con un aumento di oltre il 10% rispetto a fine ottobre dello scorso anno.
Ad anticiparlo è il ministero dell’economia e delle finanze, che a breve (presumibilmente in settimana) aggiornerà ufficialmente i dati rimasti fermi all’autunno, quando i debiti pagati ai creditori avevano raggiunto i 32,5 miliardi. Ad oggi, inoltre, le richieste di finanziamento provenienti dagli enti debitori si attestano intorno ai 41 miliardi, a testimonianza, spiegano dal Mef, che l’accumulo «patologico» di arretrati, che aveva raggiunto il picco a fine 2012, è ormai smaltito.
Un buon risultato, insomma, anche se rimane il rischio che si formi nuovo arretrato a pesare sulle imprese ormai prostrate dai cronici ritardi nei pagamenti e dall’emergenza liquidità.
L’allarme liquidità lanciato dalle imprese. Nel 2014, le aziende, a causa dei ritardi nei pagamenti (di pa e imprese), hanno perso ben 35 miliardi di euro, cui andranno ad aggiungersi perdite, secondo le stime di Cgia Mestre, per 1,5 miliardi di euro di mancato introito Iva per split payment (il meccanismo per cui non incasseranno più l’imposta, che verrà versata direttamente dalla p.a. all’Erario).
«In questi primi cinque mesi dell’anno non saranno poche le aziende che dovranno fare i salti mortali per avere a disposizione un po’ di liquidità», ha dichiarato nei giorni scorsi Giuseppe Bortolussi, segretario della Cgia Mestre, «se a ciò aggiungiamo che chi lavora con la pubblica amministrazione sconta ritardi di pagamento non riscontrabili in nessun altro paese europeo, il risultato è drammatico». Secondo la Cgia, nelle transazioni commerciali tra imprese e pa, i giorni medi necessari per il saldo fattura sono ancora 165, nel caso dei rapporti fra imprese si arriva ai 94 giorni. Ancora peggiore la situazione dell’Ance, l’associazione dei costruttori: nei lavori pubblici si arriva a 182 giorni (circa sei mesi) di tempi medi di pagamento; si parla dunque praticamente del triplo dei tempi massimi consentiti dalla normativa europea e nazionale di riferimento.
I ritardi nei pagamenti hanno provocato, oltre a problemi di liquidità, anche blocchi delle assunzioni, rischi di licenziamenti e di chiusura dei battenti (si veda tabella).
Split payment: la ciliegina sulla torta. In un quadro, dunque, già desolante per le imprese che lavorano con gli enti pubblici, in questi giorni è andato a inserirsi anche l’ingresso ufficiale nell’ordinamento (con la pubblicazione in G.U. del relativo decreto) dello split payment, definito lunedì scorso dall’Ance una «misura killer»: l’ammanco di liquidità per le imprese, secondo le stime dell’associazione, oscillerà fra il 10 e il 22% di quanto attualmente incassato.
Per Paolo Buzzetti, presidente Ance, si tratta di «una soluzione che scarica sulle spalle delle imprese oneste gli illeciti degli evasori e i doveri di controllo dello Stato». Non a caso, giovedì scorso è partita una protesta guidata dall’Ance contro le nuove norme attraverso una petizione online denominata «No allo split payment» (su www.ance.it) per la raccolta di tutte le firme delle imprese che lavorano con la pubblica amministrazione e che con il nuovo meccanismo di scissione dei pagamenti, ricorda l’associazione con una nota, «si vedranno togliere una liquidità fondamentale per la propria sopravvivenza».
ItaliaOggi – 9 febbraio 2015