La decisione della Bce di tagliare il costo del denaro portandolo al minimo storico dello 0,25% non alleggerirà più di tanto la rata dei mutui a tasso variabile. E questo perché i tassi Euribor a 3 e un mese, a cui è indicizzata la stragrande maggioranza dei prestiti di questa tipologia, si attestano allo 0,23 e allo 0,13% rispettivamente e più di tanto non potranno scendere.
Di certo non potranno andare sotto zero perché vorrebbe dire che le banche ci rimettono a prestarsi soldi a vicenda. Per un mutuo da 100mila euro MutuiOnline.it calcolia un risparmio medio nella rata mensile tra i 10 e i 15 euro per una riduzione di un quarto di punto dell’Euribor. Dato che agli attuali livelli non è ipotizzabile un calo di questa misura, ne risulta che se ci sarà un risparmio questo sarà assolutamente risibile. Gli unici ad avere un beneficio diretto dalla sforbiciata di Draghi saranno quelli che hanno contratto un prestito indicizzato al tasso ufficiale Bce. Ma si tratta di una minoranza stimata intorno al 2% del totale dei mutuatari in Italia.
Il taglio del costo del denaro Bce avrà però un impatto sulle aspettative future del tasso interbancario. Da novembre 2010 ad oggi l’Euribor a tre mesi è sceso del 78% toccando quest’anno un minimo storico allo 0,18% ed è chiaro che da questi livelli non potrà altro che risalire. Se non nell’immediato sicuramente nei prossimi anni. Ebbene la mossa di Mario Draghi potenzialmente allontana il momento in cui avverrà questo rialzo. Il termometro di questa aspettativa sono i future sull’Euribor, le cui quotazioni si impennano quando il mercato scommette su un allentamento dei tassi interbancari, che ieri, non a caso, sono risaliti dopo la mossa a sorpresa dell’Eurotower.
La prospettiva di un livello dei tassi relativamente basso nei prossimi anni implica che la rata, per chi un mutuo lo ha già contratto, non subirà significative variazioni al rialzo nei prossimi anni. E questa aspettativa inevitabilmente condizionerà le scelte di chi vuole contrarre 7 L’Euribor è uno dei parametri (l’altro è il tasso di riferimento della Bce stesso) ai quali sono agganciati i tassi dei mutui variabili. Il suo andamento è generalmente legato a quello del costo del denaro stabilito a Francoforte. Negli ultimi anni le continue iniezioni di liquidità nel sistema da parte della Bce hanno però provocato la discesa dei valori Euribor al di sotto del tasso di riferimento europeo e il loro quasi azzeramento. un mutuo oggi facendo pendere la bilancia sul tasso variabile che, come spiega Stefano Rossini ad di Mutui Supermarket, ad oggi si conferma la scelta più conveniente: «Per un prestito a 25 anni di 120mila euro su una casa che ne vale 220, attualmente stimiamo una rata media di 558 euro al mese per il variabile contro 701 per il fisso». Undifferenziale di 143 euro al mese che su un anno vale 1716 euro.
C’è poi da sperare che questo nuovo allentamento del costo del denaro da parte della Bce possa incentivare il sistema bancario a ridurre gli spread, quella percentuale che, sommata al tasso Euribor, determina l’ammontare della rata mensile. Rispetto ai picchi dello scorso anno quando – stando alla rilevazioni Mutuionline.it – le banche italiane arrivarono a chiedere degli spread al 3,55% sul variabile e al 3,69% sul fisso, la situazione è migliorata: l’ultima rilevazione fissa al 2,80% lo spread medio sul fisso e al 2,77% quello sul variabile. Ma i questi restano alti. «Di spazio per un’ulteriore calo ce n’è ancora molto – spiega Roberto Anedda, ad di Mutuionline.it – se si pensa che prima della crisi c’è chi ha stipulato contratti con un differenziale dell’1% con cui praticamente restituisce a rate il capitale preso in prestito».
Nessun segnale positivo infine sul fronte dei conti deposito. Se fino all’anno scorso si riusciva a spuntare una remunerazione netta superiore al 3,3% sui depositi vincolati a 12 mesi oggi – stando al sito Confrontaconti.it – questo rendimento è sceso all’1,85 per cento. E con il taglio del costo del denaro Bce questo trend non potrà fare altro che consolidarsi.
Con il taglio di 25 punti base costo del denaro ai minimi storici (0,25%) nell’Eurozona
In aiuto alle banche Sarà prolungata fino a metà 2015 la liquidità a tasso fisso attraverso le normali operazioni di rifinanziamento
La Banca centrale europea ha tagliato ieri a sorpresa i tassi d’interesse in risposta al calo dell’inflazione, che ha accelerato nell’ultimo mese in un contesto economico ancora molto fragile. La decisione, anche se i suoi effetti concreti sull’economia reale potrebbero essere limitati, mostra la determinazione della Bce a non lasciar scivolare l’eurozona in una deflazione come quella che è costata al Giappone una lunga fase di stagnazione e a non consentire una restrizione delle condizioni finanziarie, mantenendo i tassi del mercato monetario il più possibile vicini allo zero.
A sostegno della ripresa.
Il presidente della Bce, Mario Draghi, non ha escluso altre misure qualora la situazione non dovesse migliorare, tra cui un altro taglio dei tassi, una riduzione in territorio negativo del tasso sui depositi delle banche presso la Bce, e una nuova iniezione di liquidità a lungo termine (Ltro), di cui peraltro ieri non si è discusso, secondo Draghi.
Insieme alla riduzione di 25 punti base del tasso di rifinanziamento principale al minimo storico dello 0,25% e di quello sulle operazioni di emergenza allo 0,75%, l’Eurotower ha annunciato che continuerà a mantenere a lungo i tassi agli attuali livelli o ancora più bassi, ribadendo la “forward guidance”, ovvero le indicazioni prospettiche sulla politica monetaria. Inoltre, continuerà a fornire, nelle sue normali operazioni di rifinanziamento delle banche, liquidità a tasso fisso in quantità illimitate fino a metà 2015.
Il taglio dei tassi è stato causato soprattutto dalla caduta dell’inflazione, che secondo il dato preliminare di ottobre è scesa allo 0,7% (dall’1,1% di settembre), meno della metà dell’obiettivo della Bce di stare «sotto, ma vicino al 2%». Le condizioni sono cambiate rispetto al mese scorso, ha detto Draghi: il calo dell’inflazione si è allargato a un maggior numero di prodotti ed è apparso chiaro che questo stato di cose non è temporaneo. L’eurozona va incontro a «un periodo prolungato di inflazione bassa», che risalirà solo gradualmente verso l’obiettivo. A dicembre, dopo la pubblicazione delle previsioni degli economisti dell’istituto di Francoforte, sarà più chiaro quanto durerà questo stato di cose.
Il presidente della Bce ha assicurato che la politica monetaria resterà accomodante per tutto il tempo necessario e continuerà ad assistere la ripresa. Questa, ha ripetuto Draghi, rimane fragile e diseguale e presenta dei rischi al ribasso. Stranamente, il recente apprezzamento dell’euro, che può contribuire a un ulteriore calo dell’inflazione e al soffocamento di una ripresa finora basata soprattutto sull’export, non ha giocato alcun ruolo nella decisione e non se n’è parlato in consiglio, ha detto Draghi.
Per una volta, i 23 consiglieri della Bce non si sono divisi sul “se”, ma sul “quando” tagliare i tassi. Una minoranza, di cui, secondo quanto è dato sapere, fa parte il presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, avrebbe preferito aspettare dicembre, quando la Bce pubblicherà le proprie previsioni sull’inflazione. Queste saranno con ogni probabilità ritoccate al ribasso per quanto riguarda il 2014 (dall’attuale 1,3%) e dovrebbero vedere solo un modesto rimbalzo nel 2015. Draghi è convinto però che l’eurozona non vada incontro a una deflazione di tipo giapponese, con una caduta generalizzata dei prezzi.
Il taglio dei tassi, a questi livelli, può avere più che altro un effetto segnaletico, ma difficilmente basterà a eliminare le cause del calo dell’inflazione e della crescita asfittica. Le cifre della stessa Bce tra l’altro mostrano che il credito all’economia reale, soprattutto alle imprese, continua a mancare. L’arrivo della verifica dell’Eurotower sui bilanci delle banche può accentuare la stretta al credito, ma Draghi è convinto invece che possa servire a spingere le banche a compiere le scelte giuste nella ripulitura dei bilanci e a creare la trasparenza necessaria a dare fiducia al settore privato perché torni a investire nel settore creditizio.
La Bce, al cui interno è già stato avviato il lavoro tecnico su questo punto, sta però valutando, qualora dovesse fare una nuova operazione di fornitura di liquidità alle banche, su come strutturarla in modo che questa venga indirizzata dalle banche verso gli impieghi all’economia reale, e non utilizzata per migliorare i conti o investire in titoli di Stato.
L’allungamento della liquidità illimitata a tasso fisso fino a metà 2015 attraverso le normali operazioni di rifinanziamento rende peraltro meno probabile una nuova Ltro, a meno di forti tensioni nel mercato monetario nel 2014, a causa della riduzione dello stimolo monetario da parte della Federal Reserve o di effetti indiretti dell’esame delle banche. Il presidente della Bce, Mario Draghi, dopo aver spiegato i motivi che hanno portato a tagliare i tassi d’interesse, non ha escluso altre misure se il quadro economico non migliorerà. Assieme a un ulteriore taglio dei tassi, la Bce potrebbe portare in territorio negativo il tasso sui depositi delle banche alla Bce, o intervenire con una nuova iniezione di liquidità a lungo termine
Il Sole 24 Ore – 8 novembre 2013