Il Sole 24 Ore del 23 aprile. Una spending review a rischio handicap. È quella con cui potrebbe trovarsi a fare i conti nelle prossime settimane il Governo. Che corre il pericolo di non avere subito a disposizione per il 2016 almeno 3-4 miliardi di risparmi dei 10 indicati nell’ultimo Def come obiettivo della revisione della spesa nel prossimo anno.
Un pericolo che potrebbe materializzarsi rapidamente soprattutto se la riforma della Pa, a quasi nove mesi dal varo, continuerà la sua marcia parlamentare a passo di lumaca e se non risulterà almeno in parte recuperato il ritardo accumulato per il decollo dell’intervento di riduzione a 35 stazioni appaltanti per gli acquisti di beni e servizi.
Il nodo delle partecipate
Senza considerare poi l’incognita rappresentata dall’operazione partecipate: alla data del 31 marzo non tutti i Comuni hanno trasmesso alla Corte dei conti i piani completi e dettagliati sulla riduzione delle società come invece previsto dall’ultima legge di stabilità. L’attuazione della delega Pa, il rafforzamento del dispositivo della centralizzazione degli acquisti e il taglio delle partecipate sono, come evidenziato dallo stesso Def su cui oggi Camera e Senato apporranno il loro visto, tre dei pilastri su cui dovrà poggiare la nuova spending. In via ufficiale la cabina di regia attivata a palazzo Chigi e coordinata da Yoram Gutgeld e Roberto Perotti non ha ancora formulato proposte né tanto meno cifre. Ma in via ufficiosa i tecnici del Governo stimano che potrebbero arrivare non meno di 3-4 miliardi dagli interventi collegati alla riforma della Pa ( potatura degli uffici territoriali dello Stato, accorpamento di almeno un Corpo di polizia e riorganizzazione della macchina burocratica), dal potenziamento del metodo Consip e dalla stretta sulle municipalizzate.
La delega Madia
Il programma di riordino e disboscamento delle partecipate, avviato dalla legge di stabilità, potrà essere completato solo con l’entrata in vigore degli ulteriori interventi previsti dalla delega Pa. Ma la riforma Madia, che è ancora in attesa del primo sigillo parlamentare, continua a procedere all’insegna “dell’andamento lento”. Approdata in Aula al Senato il 31 marzo scorso dopo una lunga, e in alcuni passaggi tormentata, navigazione in commissione, la riforma Madia, che deve ancora essere esaminata dalla Camera, anche ieri è di fatto rimasta al palo: nuovo stop alle votazioni dopo l’ok concesso martedì ai primi sei articoli del testo. Da registrare soltanto l’apertura del Governo all’idea di accorpare il Corpo Forestale dello Stato in una sola altra Forza di polizia e non in più forze (ad esempio Polizia di Stato e Vigili di fuoco), come era stato ipotizzato nei giorni scorsi con conseguente frammentazione del personale. Il tutto non senza tensioni tra il relatore Giorgio Pagliari (Pd) e la commissione Bilancio che aveva giudicato inammissibile un emendamento finalizzato a realizzare questa soluzione. Un piccolo giallo che è stato risolto in Aula, dopo una breve sospensione dei lavori, con il parere positivo dell’Esecutivo e di Pagliari a un emendamento analogo, riformulato, della senatrice Patrizia Bisinella (Gruppo Misto-Autonomie) che prevede l’eventuale assorbimento della Forestale in «altra forza di polizia». Il correttivo sarà però votato la prossima settimana.
Tempi lunghi
Sempre entro la prossima settimana dovrebbe arrivare il sospirato via libera di Palazzo Madama alla delega Pa. Che poi dovrà passare all’esame della Camera, intenzionata ad apportare altre modifiche, e tornare al Senato per l’approvazione definitiva. Il Governo conta di completare l’iter prima della pausa estiva dei lavori parlamentari (inizio agosto). Ma visto quello che è accaduto al Senato non è escluso che si possa arrivare all’autunno quando, tra l’altro, in Parlamento si aprirà la sessione di bilancio. In ogni caso una volta incassato il sì definitivo si aprirà la delicata partita sui decreti legislativi di attuazione. Il ministero della Pa è già al lavoro. Ma anche nel caso di un varo sprint si dovrà attendere il parere dei due rami del Parlamento. Tempi non brevi, dunque. Come quelli che hanno caratterizzato il percorso per la riduzione a sole 35 stazioni appaltanti per gli acquisti di beni e servizi (modello Consip) previsto dal decreto sul bonus Irpef. Il decreto attuativo è arrivato solo all’inizio dell’anno. Con il risultato di allungare di almeno 6-8 mesi i tempi per il completamento dell’operazione. Non a caso a palazzo Chigi la parole d’ordine è: accelerare.
23 aprile 2015