Lo rileva uno studio del Mef che analizza la spesa pubblica in Europa tra il 2000 e il 2011. Ma per l’Italia non è così. Dal 2009 spese in calo in tutti e tre i settori. In totale il Paese registra una spesa pubblica in rapporto al Pil in diminuzione nel 2011 che la colloca al 19° posto nella Ue a 27. Pbblicato dal Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato del ministero dell’Economia uno studio sullaspesa pubblica in Europa tra il 2000 e il 2011.
I numeri
In base ai dati del quadro generale è possibile osservare come, considerando la graduatoria secondo l’ordine crescente della spesa pubblica complessiva in rapporto al PIL, l’Italia, con un valore pari al 50,4%, nel 2010 risulta il sedicesimo Paese e soltanto undici Paesi presentano livelli di spesa più elevati di quella italiana. Nel 2011, tale rapporto pur diminuendo al 49,9% colloca l’Italia al diciannovesimo posto della graduatoria crescente della spesa pubblica in rapporto al PIL soltanto 8 paesi presentano livelli di spesa più elevati
D’altro canto, considerando la spesa primaria, pari al 45,9% del PIL nel 2010 e al 45,1% del PIL nel 2011 (sedicesimo posto nella graduatoria crescente per entrambi gli anni), si osserva un miglioramento relativo della situazione italiana in ragione dell’elevato peso rappresentato dagli interessi passivi.
“Naturalmente – si precisa nello studio – le osservazioni qui riportate, pur prescindendo da qualsivoglia valutazione sull’appropriatezza dei livelli di spesa nelle varie realtà nazionali, vanno lette congiuntamente con i livelli del saldo del conto delle Amministrazioni pubbliche rappresentato dall’indebitamento. A tale riguardo si osservano, per il 2011, realtà come quelle dei Paesi scandinavi – Svezia, Danimarca e Finlandia – che, pur caratterizzate dai livelli di spesa più elevati in ambito europeo, risultano sostenibili dal punto di vista finanziario, in quanto accompagnate da adeguati livelli delle entrate che permettono di contenere l’indebitamento al di sotto del 3 %. D’altro canto esistono situazioni caratterizzate da elevati livelli di indebitamento, Grecia, Francia, Regno Unito, e Slovenia, a cui corrispondono anche livelli di spesa estremamente rilevanti in rapporto al PIL, tali da collocare i Paesi stessi nelle posizioni più elevate della graduatoria secondo la spesa”.
Nello specifico lo studio evidenzia come sia possibile osservare come nella totalità dei Paesi esaminati la Protezione sociale costituisca la funzione che, in assoluto, assorbe la parte più rilevante della spesa primaria, con quote che vanno dal 26,6 % (2010) e 27,5% (2011) di Cipro e dal 27,5 % dell’Irlanda (2010) e il 32,8% della Repubblica Ceca (2011) al 45,3 % (2010) e 45,7% (2011) della Germania; l’Italia dedica alla Protezione sociale il 44,3 % (2010) e il 45,3% (2011) della propria spesa primaria, pari al 20,4 % (2010) e 20,5% (2011) del PIL.
La seconda Divisione, in termini di spesa primaria, è rappresentata nella maggior parte degli Stati dalla Sanità, che va da un minimo del 7,5 % (2010) e del 7,8% (2011) di Cipro e del 9,4% (2010) e del 9,0% (2011) della Romania al 18,4% (2010) e al 18,8% (2011) della Repubblica Ceca e al 17,3 % (2010) e al 17,6% (2011) del Regno Unito; la situazione italiana fa rilevare in tale settore una spesa pari al 16,3% (sia nel 2010 che nel 2011) dell’intera spesa primaria, con una quota pari al 7,5% (2010) e al 7,4% (2011) del PIL
Con la crisi si investe meno in sanità e istruzione
Lo studio evidenzia come “a causa della particolare situazione economica che ha caratterizzato i Paesi europei a seguito della crisi finanziaria del biennio 2008-2009, il ruolo tradizionalmente assunto dalla Sanità e dall’Istruzione quali funzioni che assorbono la maggiore quota della spesa collocandosi immediatamente dopo la Protezione sociale, è stato modificato dalla funzione relativa agli Affari economici dove sono classificati la maggior parte degli interventi pubblici a sostegno del sistema economico”. Ma in Italia la situazione è un po’ diversa, se fino al 2009 si era registrata una crescita sia per i fondi destinati alla sanità sia per quelli dedicati al sostegno dell’economica, ora gli investimenti sono scesi in tutte e due settori.
19 aprile 2013 – quotidiano sanita