Sugli standard ospedalieri proposti nella bozza di regolamento della Salute c’è un eccesso di dettaglio per molti indicatori ed eccesso di obblighi che se fossero rigidi non lascerebbero spazio alla programmazione regionale: questa settimana le Regioni scriveranno la loro proposta al ministro, già annunciata la scorsa settimana in commissione Salute e che Renato Balduzzi ha giudicato percorribile dopo un confronto.
E il ministro intanto sempre sugli standard ha convocato per domani, mercoledì 28, i sindacati dei medici.
La proposta delle Regioni prevede di dividere il provvedimento in tre: una parte saranno standard vincolanti per tutti, un’altra sarà subordinata alla disponibilità di risorse economiche e la terza conterrà standard “linee guida”, non vincolanti quindi e che non comportano variazioni di spesa.
Nella prima parte rientrerà a esempio lo standard di 3,7 posti letto per mille abitanti che tutti devono rispettare, ma la scelta su come modulare l’attuale previsione di 3 posti letto per gli acuti e 0,7 per la posta acuzie dovrà essere scritta nella terza parte, quella di “linee guida”.
Rigidi possono essere anche gli standard sui bacini di utenza per gli ospedali e anche parte della categorizzazione dei presìdi, ma solo per alcuni standard (quelli chirurgici complessi a esempio) è possibile stabilire volumi di attività, altrimenti da lasciare alla programmazione locale in base alle caratteristiche del territorio. E ovviamente necessari ma da legare alle disponibilità economiche sono tutti gli standard come quelli relativi alle misure antincendio e alla sicurezza degli ospedali che richiedono alle Regioni interventi comunque onerosi.
Le proposte di dodici Regioni. Intanto, 12 Regioni (Campania, Friuli V.G., Lombardia, Marche, Molise, Piemonte, Sardegna, Sicilia, Toscana, Veneto, Valle d’Aosta ed Emilia Romagna) hanno elaborato osservazioni-modifiche che di fatto riscrivono il testo in toni meno ordinativi (anticipate su Il Sole-24 Ore Sanità n. 43/2012).
Le richieste vanno dalla rimodulazione della percentuale che la mobilità attiva e passiva deve avere nel calcolo di deroghe allo standard di 3,7 posti letto per mille abitanti alla tempistica del loro recepimento, giudicata inattuabile entro fine anno. Anacronistica secondo molte Regioni anche la previsione di 0,2 posti letto per mille abitanti da dedicare alla sola lungodegenza e comunque la richiesta è di non prevedere “saldi” tra acuzie e post-acuzie, ma di lasciare lo standard unico per consentire di modulare l’offerta sul territorio.
Poco senso è attribuito alle previsioni per le strutture private, che da un lato sono considerate eccessivamente equiparate a quelle pubblicihe e, dall’altro, sono penalizzate dalla dimensione minima di 80 posti letto senza tener conto della programmazione.
Numerose osservazioni ai bacini di utenza. Si va dalla previsione di applicazione alla singola struttura ospedaliera per garantire le situazioni disagiate o particolari a quella di dimezzare i riferimenti per le piccole Regioni che altrimenti dovrebbero ridurre radicalemente l’offerta. Integrazioni sono state chieste a numerose specialità in base alle patologie prevalenti e sulla classificazione delle strutture le osservazioni principali riguardano la scarsità di quelle di continuità ospedale-terriorio.
Un capitolo concordato da tutte le Regioni è quello dell’emergenza-urgenza. La prima richiesta è cancellare tutte le specifiche di dettaglio. Poi di modificare numerose parti specificando che si tratta di indicazioni da applicare in base all’autonomia regionale. Standard diversi sono descritti per le elisuperfici e la definizione dei mezzi di soccorso non deve entrare nello specifico: sono tutti “mezzi di soccorso avanzati”.
Pochi ospedali in regola. Solo 274 ospedali (tra pubblici e privati) sugli oltre 1.400 censiti nel Programma nazionale esiti (Pne: v. Il Sole-24 Ore Sanità n. 37/2012) sarebbero in regola (e non su tutto) rispetto alle sette soglie di rischio di esito scritte nel provvedimento sugli standard. Secondo la simulazione elaborata sul numero 44 de Il Sole-24 Ore Sanità (VEDI) e illustrata con grafici e tabelle (che non tiene conto del valore «p», quello che rende il dato statisticamente valido poiché il risultato è legato non solo al valore di esito, ma anche al volume annuale di prestazioni), applicando i risultati raccolti per il 2011 dal Pne ad alcuni indicatori (non sono però disponibili nella banca dati pubblicata da Agenas i dati a esempio per singola unità complessa, che tuttavia con molta probabilità ridurrebbero ancora i risultati positivi), anche considerando i volumi di attività annui (per le colecistectomie 100 interventi, per le operazioni di femore entro 48 ore 100 interventi, per i cesarei nei due aspetti considerati la soglia minima prevista a suo tempo di 500 parti, per l’angioplastica 250 procedure, per i by pass 150 interventi e per le valvuloplastiche 100 interventi) solo pochi ospedali sarebbero in regola. E la situazione è differenziata da esito a esito. I 274 ospedali che hanno almeno un esito favorevole secondo gli standard si riducono in realtà a dieci per le valvuloplastiche e quasi tutti al Centro-Nord ma raggiungono i 144 per le colecistectomie laparoscopiche con degenza post-operatoria entro 3 giorni e questa volta sono distribuiti praticamente in tutte le Regioni.
Il Sole 24 Ore Sanità – 28 novembre 2012