UNA DELIBERA SOSPETTA Indagine su presunti abusi d’ufficio e danni erariali: sarebbero stati promossi alcuni dirigenti nonostante il blocco delle retribuzioni
La magistratura ordinaria e quella contabile accendono un faro su un atto del governo regionale della Lombardia. Le indagini scaturiscono da due esposti sulla delibera di giunta del 29 aprile 2013 approvata su proposta del presidente, Roberto Maroni. Oggetto: riorganizzazione della Regione. La Procura della Repubblica ha già aperto un “modello 44” – indagine contro ignoti – per il reato di abuso di ufficio, mentre nulla filtra dalla Procura della Corte dei conti se non l’avvenuta ricezione della denuncia per danno erariale presentata il 24 febbraio scorso dal funzionario Enrico De Alessandri e da due esponenti del Movimento 5 Stelle, il senatore Vito Crimi e la consigliera regionale Silvana Carcano. De Alessandri è l’ex direttore del centro emoderivati che fu sospeso nel 2009 dalla Regione per un libro sullo strapotere di Comunione e liberazione, con una misura disciplinare dichiarata illegittima anche dalla Corte d’Appello l’11 dicembre 2013.
Le indagini della Procura della Repubblica vertono sulle promozioni concesse dall’amministrazione a un gruppo di dirigenti. Gli aumenti di stipendio sarebbero in contrasto con la legge che blocca le retribuzioni di dipendenti e dirigenti pubblici fino a tutto il 2014. I pm di Milano Grazia Colacicco e Giovanni Polizzi, coordinati dal procuratore aggiunto Alfredo Robledo, hanno mobilitato il nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza. Le Fiamme gialle si sono presentate a Palazzo Lombardia a fine gennaio per acquisire vari documenti tra cui la delibera in questione. E ai primi di febbraio hanno bussato alla sede dell’Arifl, l’Agenzia regionale per l’istruzione, la formazione e il lavoro, per prelevare altro materiale tra cui il contratto di lavoro dell’ingegner Giuseppe Di Domenico, che ha citato in giudizio l’amministrazione lombarda per il concorso di assunzione di 31 alti dirigenti bandito nel 2006 dalla giunta presieduta da Roberto Formigoni (si veda Il Sole-24 Ore del 4 dicembre 2012).
I documenti acquisiti sono ora al vaglio della Guardia di Finanza, che dovrebbe consegnare a breve ai pm le sue valutazioni. Solo a quel punto i magistrati disporranno del quadro completo per la prosecuzione delle indagini.
Sul caso denunciato da Di Domenico la magistratura penale aveva in corso un’indagine che è stata unificata a quella che chiama in causa la giunta Maroni. Anche perché cinque dei nove dirigenti che avrebbero ricevuto indebiti aumenti di stipendio sono compresi nella lista dei trentuno che la Regione di Formigoni aveva confermato nell’incarico con una sua legge mai sottoposta al vaglio di legittimità costituzionale nonostante il ministero della Giustizia avesse invitato il governo Berlusconi a sollevare la questione davanti alla Consulta.
Dei trentuno dirigenti la cui assunzione è sotto la lente della Procura della Repubblica fanno anche parte il direttore centrale del personale, Michele Camisasca (nipote del vescovo Camisasca, biografo di don Giussani) e il segretario della giunta, Marco Pilloni, che sono tra i firmatari della delibera.
Il provvedimento è stato approvato dalla giunta con il solo voto contrario dell’assessore alla Famiglia, la leghista Maria Cristina Cantù. Interpellata dal Sole-24 Ore, la Cantù ha scelto di non commentare la sua decisione. Anche Maroni ha comunicato attraverso la sua portavoce di non voler rilasciare alcuna dichiarazione.
Nell’esposto alla Procura della Corte dei conti il danno erariale è stimato in 62mila euro annui. L’ingiustificato aumento ricade nella retribuzione di posizione, una delle parti fisse dello stipendio dei dirigenti regionali, che varia da un minimo di 25.800 euro a un massimo di 46mila a seconda della “graduazione”, ovvero del livello economico dell’incarico. L’altra voce fissa, di 43.300 euro, è costituita dalla retribuzione tabellare. La parte variabile, pari a circa il 20% di quella fissa, è invece data dal premio di risultato. Il danno erariale – si legge nell’esposto di Crimi, Carcano e De Alessandri – potrebbe inoltre lievitare sia per l’effetto a cascata della retribuzione fissa su quella variabile, sia per l’incremento degli “oneri riflessi” a carico della Regione pari al 35% dell’intero stipendio da dirigente.
La delibera della giunta Maroni puntava anche a ridurre il numero dei dirigenti effettivi della Regione Lombardia. Che oggi sono 218: uno ogni tredici dipendenti.
Il Sole 24 Ore – 7 marzo 2014