Fatto sta che dopo giorni di silenzio, il pacchetto autonomia è tornato alla ribalta. La ministra per gli Affari regionali, la leghista Erika Stefani, ha fatto sapere che è stata decisa la road map con il presidente del Consiglio. Contemporaneamente Salvini si faceva fotografare al Viminale assieme al governatore veneto Luca Zaia al grido di «indietro non si torna». La strada tuttavia non è affatto in discesa. Luigi Di Maio ha messo le mani avanti avvertendo che l’autonomia deve andare di pari passo a «un grande piano per il Sud» perché «all’Italia tutto serve tranne un ulteriore divario tra Nord e Sud». Una presa di posizione utile anche a calmare chi nel Movimento ritiene il vicepremier pentastellato troppo accondiscendente verso Salvini.
Ma il vero ostacolo resta il passaggio parlamentare. I grillini vogliono un esame vero da parte delle Camere ovvero l’emendamendabilità delle intese. Ipotesi ritenuta impercorribile dalla lega, convinta che si tratterebbe dell’ennesimo escamotage per bloccare il percorso autonomista. Non essendoci precedenti, toccherà ai presidenti di Camera e Senato indivuare l’iter. L’ultimo incontro tra il pentastellato Roberto Fico e la forzista Elisabetta Casellati risale ad oltre un mese fa ed era stato interlocutorio. Adesso però una decisione andrà presa. E sarà inevitabilmente una decisione politica dove peseranno e non poco le prospettive di durata della legislatura.
Per questa ragione è atteso a inizio settimana prossima un vertice fra il premier Conte, i due vice e la ministra Stefani. A Conte toccherà il compito anche di sciogliere i nodi politici su istruzione (Lombardia e Veneto chiedono i ruoli regionali), ambiente, beni culturali (il ministro M5s Bonisoli ha messo in cantiere una riforma giudicata centralista) e infrastrutture. Il consiglio dei ministri della prossima settimana gli darà il mandato di chiudere la partita. Con una pre-intesa con i governatori da mandare in Parlamento.