In serata, la resa dei conti nella Lega veneta ha fatto rotolare la prima testa. Quella di Santino Bozza, il consigliere regionale di Monselice autore dell’esposto che ha generato l’indagine sui gruppi a Palazzo Ferro-Fini e di una querela nei confronti di Flavio Tosi.
È stato lo stesso segretario, nel corso della prima direzione post-elettorale, a proporne l’espulsione dal partito per «gravi e ripetute» violazioni dello statuto. Bozza, ultrà bossiano, contesta aspramente la linea di Tosi-Maroni e in occasione delle politiche ha dichiarato che non avrebbe votato per il Carroccio, invitando i «veri militanti» a seguire il suo esempio optando per Pdl e Pd. Ora la decisione finale spetta alla commissione disciplina di via Bellerio ma – sebbene a presiedere l’organismo sia proprio il Senatur – la cacciata del ribelle padovano appare pressoché scontata. La seduta è stata dedicata soprattutto all’esame del deludente esito elettorale, con spunti polemici e scambio d’accuse tra “barbari” e “lealisti”. Il sindaco di Verona ha esordito citando, a sostegno delle proprie scelte, le dichiarazioni del leader Roberto Maroni che nei giorni scorsi ha rivendicato la paternità politica delle candidature in Veneto («Ho controfirmato io le liste di Tosi»), così come la decisione di allearsi con il Pdl («Sapevamo che avremmo perso voti ma abbiamo conquistato la Lombardia») nonché l’obiettivo di un nuovo soggetto politico accanto alla Lega sul modello della Csu bavarese. Giocando d’anticipo rispetto agli avversari – che gli imputano il tonfo alle urne – il segretario ha sottolineato le vistose differenze nei risultati in Veneto: se il calo di consensi è stato generalizzato, la “sua” Verona ha limitato i danni mentre la città di Venezia ha registrato un disfatta, seguita – nella classifica negativa – da Padova e Rovigo. Tre federazioni rette da lealisti il che ha indotto Tosi a contestare il «disimpegno» della corrente rivale in svariate realtà territoriali e a porre in agenda il riassetto al vertice del partito veneziano. Grande assente («Impegno precedente e improrogabile») il governatore Luca Zaia, al gran completo i dirigenti e i parlamentari di fresca nomina, la critica a Tosi non si è fatta attendere e ha investito anzitutto la composizione delle liste, giudicata del tutto inadeguata sia sul piano della rappresentanza territoriale (la roccaforte Treviso priva di un candidato vincente) che in relazione agli equilibri interni: la minoranza (nonostante il 43% congressuale) ha portato in Parlamento il solo Massimo Bitonci, gli altri deputati e senatori indossano la casacca rivale. Scintille anche sul metodo adottato da Tosi nella selezione dei candidati – «Cooptazione dall’alto, il movimento è stato esautorato» – polemici i toni di Bitonci, che ha sottolineato il disagio e la delusione diffusi nel partito, di tenore opposto gli interventi dei maroniani Diego Vello e Giorgio Granello (segretari di Belluno e Treviso) e del veronese Matteo Bragantini. Nella notte lo scontro si accende: Lega disorientata e divisa.
Corriere Veneto – 6 marzo 2013