Seicento firme per la sua cattura: “Un pericolo, ma non la vogliamo morta”. Gemma, raro esemplare di orso bruno marsicano, è scomparsa dal Parco nazionale d’Abruzzo da quindici giorni e forse è morta. E paiono quasi sollevati gli abitanti di Scanno, piccolo paese immerso tra le montagne, che il plantigrado frequentava abitualmente da anni.
Appena dieci giorni fa, nella zona erano state raccolte 613 firme (su duemila residenti) per chiedere la sua immediata cattura. La gente era stanca delle scorribande e degli assalti dell’orsa a pollai e ristoranti. Una sera dell’estate scorsa Gemma si era avventurata fin dentro il centro storico, durante l’ora dello struscio cittadino, tra lo stupore e la paura dei passanti. Per questo l’orsa da oltre un mese era sotto stretta sorveglianza, pedinata tutte le sere da una “squadra di dissuasione” organizzata dal corpo forestale.
Gli agenti avevano l’ordine di sparare pallottole di gomma tutte le volte che Gemma rischiava di entrare in contatto con la popolazione. E così è avvenuto due giorni prima della scomparsa, la sera del 5 luglio. «Abbiamo sparato quattro colpi contro l’orsa — racconta l’agente Antonio Carfagnini — lo abbiamo fatto quando ci siamo accorti che aveva assaltato una porcilaia in prossimità del centro abitato di Scanno. Quando siamo intervenuti aveva già sfondato una finestra e tirato fuori un maialino. Appena abbiamo sparato i quattro colpi, ha lasciato cadere la preda ed è fuggita, senza nemmeno reagire». Due giorni dopo, però, il radio-collare che permetteva ai forestali di seguirne i movimenti è stato trovato alle 10 di sera su un albero di ciliegio, sopra un ramo spezzato, ad un metro e mezzo d’altezza. «È uno dei venti alberi che lei frequenta tutte le sere proprio in questo periodo — racconta l’agente scelto Vittorio Scarpelli — e sempre alla stessa ora: alle 20. Gemma è golosa di ciliegie ed è uno spettacolo vederla mangiare ». In effetti, il comune che le ha scatenato contro centinaia di firme è lo stesso che ne segue con interesse e stupore i movimenti, soprattutto per scattare foto ricordo da pubblicare su Facebook, dove da qualche giorno appare la pagina Gemma Orda.
«Sono stati proprio dei suoi ammiratori a segnalarci la presenza del collare abbandonato sull’albero — racconta Scarpelli — quando è stato rivenuto, l’oggetto non aveva segni di lesione. Era intonso, come se l’orsa se lo fosse sfilato di dosso. Non c’erano nemmeno tracce di sangue. Nulla. C’è anche da dire che Gemma in questi mesi è dimagrita molto e quindi è probabile che sia riuscita a togliersi il collare. Abbiamo controllato la zona a tappeto, anche con squadre specializzate, per verificare se nell’area della scomparsa c’erano tracce di veleno, ma non abbiamo trovato niente». E sono anche in corso esami su alcuni peli di orso trovati pochi giorni dopo nella zona di Ortona dei Marsi.
«Siamo fiduciosi, non dobbiamo perdere la speranza che Gemma sia viva — spiega il presidente del parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise Antonio Carrara — aspettiamo i risultati delle analisi. Occorrerà una settimana. Certo se quei peli non fossero di Gemma ci sarebbe allora da essere molto preoccupati». Ma ci sono anche tanti indizi che lasciano pensare che Gemma sia morta. «Non è mai successo che si sia allontanata da Scanno per così tanti giorni», spiega in paese chi ha simpatia per il plantigrado, e poi sono in troppi qui a volerla vedere morta».
Quel che è certo è che a Scanno il comitato delle 613 dirme contro Gemma da mesi raccoglie foto e testimonianza sul «pericolo orso». «Io non voglio Gemma morta» sostiene Ilario Notarmuzi, artigiano, titolare di un biscottificio e promotore della raccolta firme, «chiedo solo che i miei figli possano circolare liberamente sotto casa. E lì che Gemma passa quasi tutte le sere. Abbiamo paura. Ha rigato la nostra auto, assaltato la nostra recinzione. Ho tutte le foto. Non è successo solo a me, ma a tanti residenti di Scanno che ora non ne possono più». Il sindaco, Pietro Spagone, è uno dei pochi a non aver firmato la petizione. «Siamo stati ricevuti pure dal prefetto — continua Notarmuzi — siamo convinti che l’ente sia stato sul punto di intervenire. Ora però sono diversi giorni che l’orsa è scomparsa. Sotto casa mia non si vede più. Spero non le sia successo nulla di grave. Io volevo solo che fosse catturata».
Proprio per risarcire i danni causati da Gemma e dagli altri cinquanta orsi del parco, l’ente spende ogni anno 200 mila euro. «I residenti danneggiati da Gemma o da altri orsi — spiega l’agente del corpo forestale Carfagnini — ottengono sempre il rimborso. Non solo, abbiamo anche distribuito come ente parco in collaborazione con il Wwf dei recinti elettrici che emettono scosse per difendere abitanti e pollai e non fanno del male all’animale ». «Gemma è innocua — assicura Emino Galante, veterinario — non ha mai aggredito nessuno. Anzi, una volta è stata investita da un’automobilista. Si è trovata più volte a contatto con le persone ma non ha mai dato segnali di violenza. Mai». Ora resta solo da sapere che fine abbia fatto. E perché
Repubblica – 22 luglio 2014