C’è ne è per tutti i gusti: dai bar alle edicole, dai pubblici spettacoli agli imprenditori agricoli al consumo di alimentari su suolo pubblico. Il ministero dello Sviluppo economico dice la sua con l’ultima raffica di pareri rivolti ai Comuni per fare chiarezza su punti controversi delle rispettive normative di settore, stabilendo in sostanza cosa si può fare e cosa no da parte degli operatori economici interessati.
Somministrazione al pubblico di alimenti e bevande
Per bar o ristoranti, rientranti in questa attività produttiva disciplinata dalla legge quadro 287/91, superata e ampiamente rimaneggiata dai decreti legislativi 59/2010 e 147/2012 (attuativi della Direttiva comunitaria Bolkestein), i Comuni non possono condizionarne l’apertura al rispetto di requisiti di superfici minime dei locali.
Secondo il ministero (risoluzione Mise n. 51468/2015), se è vero che in base all’articolo 64, comma 3 del Dlgs 59/2010 e all’articolo 31, comma 2 del Dl 201/2011 convertito dalla legge 214/2011 (Primo decreto Monti sulle liberalizzazioni) i Comuni per la tutela del patrimonio storico, artistico e culturale possono inibire o stabilire limiti per l’apertura di bar e ristoranti, come di qualsiasi altra attività produttiva, connessi alla tutela del decoro urbano, dell’ambiente e dei beni culturali, è pur vero che la tutela di tali interessi generali non può spingersi fino a stabilire requisiti dimensionali dei locali.
Questo, sul presupposto più volte evocato – oltre che dal ministero competente – ma anche dalla giurisprudenza amministrativa per cui il potere inibitorio o condizionante del Comune nei riguardi delle attività produttive non può essere esercitato in modo apodittico e disancorato da accertate, oggettive e non altrimenti risolvibili esigenze di tutela di tali interessi, che invece conducono a provvedimenti sproporzionati e perciò illegittimi.
Imprenditori agricoli
Un imprenditore agricolo, così qualificato dal Dlgs 228/2001 che sul punto ha modificato l’articolo 2135 del Cc, che assume tale status solo iscrivendosi alla corrispondente sezione speciale presso la Camera di commercio, non può effettuare la vendita dei prodotti provenienti dalla sua azienda su aree private di altri imprenditori, nè esterne nè interne.
Il chiarimento del Mise (Risoluzione Mise n. 47941/2015) è importante dopo il varo dell’articolo 30-bis del Dl 69/2013 (il cosiddetto Decreto del Fare convertito dalla legge 98/2013) secondo cui «Per la vendita al dettaglio esercitata su superfici all’aperto nell’ambito dell’azienda agricola, nonchè per la vendita esercitata in occasione di sagre, fiere, manifestazioni a carattere religioso, benefico o politico o di promozione dei prodotti tipici o locali, non è richiesta la comunicazione di inizio attività».
Ne deriva che un imprenditore agricolo può:
• vendere i propri prodotti nel corso di fiere e sagre o nei locali interni o in aree esterne della propria azienda senza alcun titolo autorizzatorio e senza neppure comunicarlo al Comune, purchè sia in regola con la Dia sanitaria;
• può anche nella sua azienda effettuare il consumo sul posto dei propri prodotti, ma senza tavoli e sedie abbinate o abbinabili, come invece i ristoranti o i bar;
• non può invece vendere i suoi prodotti in aree esterne alla sua azienda.
Spettacoli pubblici
Precisazione importante (risoluzione Mise n. 52713/2015), anche alla luce dei conformi pronunciamenti del ministero degli Interni, in ordine alla commistione in uno stesso locale di un’attività di bar o ristorante e di attrazioni di spettacolo viagginate (giostre) installate in maniera fissa e in spazi all’uopo allestiti e attrezzati. Per i due ministeri si cumulano i regimi autorizzatori del pubblico esercizio, per cui basta presentare al Comune una Scia con tutti i requisiti da dimostrare, e del pubblico spettacolo che, in base agli articoli 68 e 80 del Tulps, impongono obbligatoriamente il rilascio di un’apposita autorizzazione comunale previo parere obbligatorio sull’agibilità dei locali da parte della Commissione di vigilanza sui locali di pubblico spettacolo.
Non così invece, dopo la novella della legge 35/2012, se nello stesso locale del bar o del ristorante il gestore – occasionalmente e non a cadenza fissa, senza allestire appositamente in maniera fissa un’ala del locale e senza far pagare biglietti di ingresso o aumentare il prezzo delel consumazioni – organizza concertini, karaoke o altri piccoli eventi musicali che, per la loro modesta portata anche in termini di attrattività e la loro gratuità, non snaturano quel locale trasformandolo in sala di pubblici spettacoli, al pari di una discoteca.
Consumo sul posto
Con l’estate alle porte i Comuni sono invasi da domande di occupazione di suolo pubblico per l’allestimento di tavolini e sedie o chioschetti per la consumazione di bevande e alimenti all’esterno di locali (risoluzione Mise n. 212733/14) . Ma questa possibilità e cioè il consumo sul posto non è consentita a tutti, se non a titolari di bar e ristoranti. Inoltre in base al Decreto Bersani, legge 248/2006, anche i panificatori e i commercianti di vicinato del settore alimentare possono effettuare il consumo sul posto dei loro prodotti di gastronomia, ma in ogni caso senza camerieri e senza allestire, all’interno o all’esterno dei locali, apparecchiature per bevande alla spina e il caffè, nonchè senza tavoli e sedie abbinate o abbinabili. E’ consentita al massima qualche seduta di cortesia, ma sempre non associata a tavoli o pianid i appoggio.
Divieto assoluto invece per gelaterie, creperie, kebaberie, pizzerie e rosticcerie d’asporto, essendo inquadrati come attività artigianali ed alle quali la normativa di riferimento non concede espressamente questo beneficio
Edicole
Ancora un’ulteriore pronuncia (Risoluzione Mise n. 167548/2014), dopo un conforme parere del Consiglio di Stato, sulla annosa questione della liberalizzazione delle edicole, disciplinate dalla legge quadro del Dlgs 170/2001 ma in larga parte superato dalle ondate liberalizzatrici che li hanno trasformati in veri e propri esercizi di vicinato.
Salta qualsiasi limite e contingentamento al numero massimo ammissibile di edicole sul territorio comunale, per cui il DLgs 170/2001 prima imponeva ai Comuni l’indizione di un bando, e saltano tutti gli altri vincoli prima vigenti, come la distanza minima fra un’edicola e l’altra. Infatti i recenti i normativi (articolo 31 del Dl 201/2011 convertito dalla legge 214/2011, modificato dal Dl 69/2013 convertito dalla legge 8/2013) hanno ulteriormente consacrato, quale principio generale dell’ordinamento nazionale, la libertà di apertura di nuovi esercizi commerciali – fra cui rientrano a pieno titolo le edicole – sul territorio senza contingenti limiti territoriali o altri vincoli di qualsiasi altra natura, esclusi quelli connessi alla tutela della salute, dei lavoratori, dell’ambiente, ivi incluso l’ambiente urbano e dei beni culturali.
Il Sole 24 Ore – 18 giugno 2015