Oggi i cinghiali e le nutrie, domani (si avvicinano) i gamberi killer. La lotta senza quartiere agli animali invasivi (ed esotici) approda anche a Padova: nelle ultime settimane infatti la Provincia ha invocato leggi draconiane e interventi drastici per porre un freno alla proliferazione degli ungulati sui colli Euganei e ha presentato un piano di addestramento dei cacciatori per eliminare senza pietà le colonie di roditori che infestano gli argini dei fiumi e che sono arrivati a nuotare in tutta tranquillità anche nel canale dell’isola Memmia.
Ma non si riesce a debellare una minaccia che ne compare subito un’altra all’orizzonte. E c’è già chi scommette che presto il copione si ripeterà con altri ospiti indesiderati. Che si tratti di mammiferi o crostacei comunque il problema è sempre l’uomo: dietro all’intromissione di animali compatibili con l’habitat ma incompatibili con la popolazione c’è spesso lo zampino degli stessi cacciatori e degli allevatori. La presenza dei cinghiali sui colli Euganei è infatti piuttosto recente, tanto che i primi avvistamenti risalgono alla fine degli anni Novanta. Da allora il loro numero è cresciuto in maniera esponenziale, anche perché le femmine partoriscono in media sette cuccioli tre volte all’anno; i cinghiali si nascondo nei boschi di giorno ed escono allo scoperto di notte per cibarsi di uva e olive nei terreni delle aziende agricole tanto da aver messo a rischio la vendemmia. Le loro sortite sono anche all’origine di numerosi incidenti: nei primi cinque mesi del 2016 i cinghiali hanno tagliato la strada a 34 macchine. Proprio per tutelare agricoltori e automobilisti, la Regione aveva programmato un piano di contrasto che però quest’anno si è arenato. La vendemmia sembra a rischio e lo scontro si sposta sul terreno della politica, con la Provincia che rivendica l’abbattimento di oltre 700 esemplari e chiede più fondi alla Regione: «Vorrei chiedere agli ex presidenti dell’ente Parco Colli – ribatte l’assessore regionale Giuseppe Pan – cos’è stato fatto per risolvere il problema con i soldi della Regione in questi 15 anni. Se nel Parco la competenza è dell’ente, quando i cinghiali escono dai suoi confini la competenza diventa della Provincia». Come i cinghiali, anche le nutrie figurano tra le cento specie invasive più dannose al mondo: importati in Italia alla fine degli anni Venti per ricavarne pellicce e rinchiusi in stabulari spesso inadeguati, questi castorini sudamericani si sono moltiplicati all’aria aperta grazie alla fuga di alcuni esemplari dalle gabbie. La nutria si è ambientata anche lungo il Brenta e il Bacchiglione: il termometro scende raramente sotto lo zero, il clima è umido, non ci sono predatori e in compenso le campagne abbondano di radicchio e barbabietole. Considerando che il tasso riproduttivo è di 14 piccoli per femmina e che le nutrie scavano le tane negli argini dei fiumi, è facile capire perché il passo dall’intrusione all’invasione è stato breve e perché si è deciso di arginare il fenomeno. La Provincia completerà l’elenco dei volontari autorizzati a catturare e abbattere le nutrie entro inizio settembre, quindi aprirà la caccia. Le trappole a disposizione sono 380 e le dotazioni sono destinate ad aumentare, ma lo sforzo sarà efficace solo se le Province limitrofe adotteranno strategie simili: in caso contrario le nutrie di Rovigo e Vicenza continueranno a varcare i confini del Padovano. Un po’ quello che rischia di accadere con i gamberi killer importati dalla Louisiana negli anni Novanta che hanno invaso le campagne veneziane: oltre infestare gli argini, questi crostacei sono anche famelici e aggressivi. E i primi avvistamenti a Ponte San Nicolò non fanno presagire nulla di buono.
Il Corriere del Veneto – 23 agosto 2016