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Veneto. Farmaci, spesa giù del 4,6% risparmio pari a 15 milioni. “Merito” della crisi sociale e dell’uso dei generici

di Filippo Tosatto. Il vocabolo greco farmakos indica sia il rimedio che il veleno. Nel dubbio, meglio non abusarne. Ma non è stato il principio di cautela a spingere i veneti a ridurre del 4,6% la spesa per l’acquisto di medicinali nel primo semestre dell’anno, così da consentire alla Regione un risparmio di 15,1 milioni di euro.

La performance, superiore alla media nazionale, appare invece un effetto combinato di due fattori. Anzitutto, l’impegno dei medici a privilegiare la prescrizione di farmaci generici (a brevetto scaduto) che, a parità di princìpi attivi, costano assai meno di quelli “griffati”: «A fronte di un incremento del numero medio di ricette procapite (+3,4%) che si attesta a 4,3 per abitante, la spesa è contenuta intorno ai 314,5 milioni contro i 329,6 del primo semestre 2012. Ciò significa che a carico del servizio sanitario vengono erogati farmaci di costo sempre più basso», fa sapere Alberto Fontanesi, il presidente di Federfarma Veneto, lesto a rivendicare «l’accresciuta collaborazione professionale da parte di tutti i farmacisti» nel contenimento dei costi. La tendenza si traduce anche nel calo della spesa netta pro capite regionale, oggi pari a 64,4 euro per cittadino veneto contro i 78 della media italiana. Una politica virtuosa inaugurata nel 2010 e accentuata negli anni successivi grazie all’impegno congiunto dell’assessore competente Luca Coletto e del segretario generale Domenico Mantoan, il “mastino” dei conti sanitari. Ce n’è abbastanza per indurre il governatore Luca Zaia a suonare le campane a festa: «È un eclatante esempio concreto di come, applicando i costi standard e i criteri della buona amministrazione del Veneto, lo Stato potrebbe risparmiare non meno di 30 miliardi l’anno. L’appropriatezza delle prescrizioni da un lato e la diffusione dei farmaci generici, al posto dei molto più costosi griffati dall’altro, non sono una scoperta da premio Nobel, ma il lavoro di amministratori e di professionisti capaci di guardare all’interesse del cittadino e a garantirgli la salute senza mettere periodicamente le mani nel suo portafoglio». C’è indubbiamente del vero in queste affermazioni ma a comprimere la spesa concorre anche un secondo fattore, assai meno consolante del precedente: la crisi sociale galoppante, che spinge i ceti popolari a tagliare ogni sorta di consumi, inclusi quelli legati alla salute. «Quando prescrivo dei farmaci ai pensionati al minimo, oppure ai precari o ai disoccupati, avverto il loro sguardo angosciato, quasi un brivido che gli corre lungo la schiena», racconta Stefano Rigo, vicesegretario regionale dei medici di famiglia aderenti alla Fimmg «temono che si tratti di ricette bianche, quelle che bisogna pagare per intero, e solo quando stampo le “rosse”, con ticket e rimborso, tirano un respiro di sollievo. Ma c’è di peggio: ci sono pazienti che si presentano al banco con la prescrizione ma se il prezzo delle medicine è superiore alle loro possibilità, rinunciano all’acquisto. Ce ne accorgiamo in seguito, visitandoli e appurando i mancati effetti farmacologici. Per chi fa il medico, è una constatazione spiacevole e dolorosa»

Il Mattino di Padova – 6 novembre 2013 

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