Le analisi parlano chiaro ma non ci sono problemi di potabilità. Acque inquinate dai Pfas: un cambio in corsa della Commissione tecnica nominata dalla Regione per verificare e risolvere il problema, e il contemporaneo aumento dei dati relativi alla presenza delle sostanze perfluoro-alchiliche, i Pfas appunto, negli acquedotti. Risultato? È tornato l’allarme.
Tanto che ora c’è chi accusa le istituzioni di voler tenere nascosta la questione alla popolazione. Anche perché continua a non venire attivato lo screening sullo stato di salute dei residenti nell’area interessata dall’inquinamento: Bevilacqua, Bonavigo, Boschi Sant’Anna, Legnago, Minerbe, Terrazzo, Cologna, Arcole, Veronella, Zimella, Pressana, Roveredo ed Albaredo, per quanto riguarda il Veronese, più altri 17 Comuni del Vicentino e del Padovano.
Lo screening dovrebbe dire se e quanto i Pfas facciano male. Quesiti determinanti, visto che in Italia non c’è nessuna norma che indichi fino a quale limite i Pfas possono essere presenti nell’acqua destinata al consumo umano. Meglio intanto tornare ai documenti ufficiali. In particolare a due delibere che sono state pubblicate questa settimana sul Bollettino regionale. La prima ha un carattere piuttosto tecnico, visto che stabilisce i primi indirizzi operativi per la gestione dei pozzi privati presenti nell’area che sta sopra le falde inquinate. Anche se è evidente che sottoporre a forme di controllo, fino a ieri non previste, tali strutture sta a confermare che un rischio, per quanto ufficialmente solo potenziale, c’è. Un contenuto a prima vista più banale, ma in realtà già fonte di animate prese di posizione, ce l’ha invece il secondo provvedimento, il quale stabilisce una modifica della composizione della commissione comprendente rappresentanti della sanità, dei servizi tecnici e degli enti deputati ai controlli che dall’agosto scorso sta monitorando il problema per conto della Regione.
Secondo quanto viene riportato in delibera, «a seguito di una riorganizzazione delle strutture regionali» avvenuta alla fine dello scorso anno, è stato necessario cambiare alcuni dei componenti dell’organo che «detta legge» in Veneto sui Pfas. Una modifica che però ha comportato l’eliminazione del rappresentante di quella che era la direzione regionale (ora è la sezione) di Prevenzione. «Continuano a fare di tutto, portando avanti una strategia adottata sin dall’inizio, per mettere a tacere questa vicenda», commenta il rappresentante di Legambiente di Cologna Piergiorgio Boscagin. Il quale sta lavorando alla creazione di un comitato che riunisca a livello sovracomunale tutti coloro che si stanno occupando della questione. «È necessario agire in fretta, visto che i dati ufficiali dicono che il livello degli inquinanti sta tornando a salire».
Che i valori aumentino lo dicono le analisi pubblicate dall’Ulss 20, anche se l’acqua è potabile, proprio perché non c’è una legge che dica il contrario, e al di sotto dell’unico parametro di riferimento: quello di performance stabilito dall’Istituto superiore di Sanità, organo non legiferante, che è oggetto di contestazione da parte dei «No-Pfas».
Luca Fiorin – L’Arena – 26 maggio 2014