Veneto. Sanità privata convenzionata: duemila in corteo contro tagli
A Rovigo già 40 licenziamenti, a Padova da domani si conteranno i primi “morti”, dopo un incontro tra sindacati e vertici delle aziende che hanno preannunciato riduzioni del personale, a Mestre sono slittati a fine mese i 55 esuberi del Policlinico San Marco: i 3.300 lavoratori veneti della sanità privata convenzionata, un comparto privo di qualsiasi ammortizzatore sociale, conoscono bene queste situazioni.
Ecco perché una finta bara con la scritta “Qui giace la sanità veneta” ha aperto ieri a Padova la testa del corteo contro i tagli alla sanità convenzionata decisi con la delibera 2621 votata dalla giunta del governatore Zaia. Un corteo vivace e colorato che si è ingrossato durante il percorso fino a raggiungere le duemila persone (secondo gli organizzatori erano quattromila). Sul palco è stato ribadito il secco no alla cura dimagrante forzata. Che sta producendo drammatici risultati: la Regione ha ridotto da 8 a 4 le prestazioni sanitarie annue erogate in regime di convenzione a ciascun cittadino. Di fatto, con i budget a favore della medicina convenzionata dimezzati, saranno ancora meno. Cartelli e striscioni, ieri, espliciti: “La mannaia deve calare sugli stipendi dei funzionari regionali”, e ancora “Qui lettino senza paziente e all’ospedale in fila la gente”. Presenti delegazioni da ogni provincia: Padova, Belluno, Venezia, Vicenza, Rovigo e Verona. Tanta la voglia di nuovo. E forte la rabbia contro la vecchia politica impersonata dalla “banda Bassotti”: in mano un sacco di euro e, sulla maglia, la scritta Zaia (il governatore), Coletto (l’assessore alla Sanità), Tasso e Mantoan (due dirigenti regionali). Al grido «Ci tagliano le gambe», tutti a terra pronti a rialzarsi e riprendere la marcia per una nuova performance: «Chi non salta è con Luca Zaia». In marcia ci sono tutti, cittadini e medici, impiegati e pazienti, molti i disabili. Tra loro Antonella, 53 anni di Padova, malata di Sla: «Ho bisogno di fisioterapie quotidiane. Ora non avrò più questo servizio vicino a casa». Nicoletta, 41 anni disoccupata, è arrivata da Mira «come cittadina», mentre Diego, pensionato, teme la perdita di posti di lavoro. Michele Dal Molin, 43 anni, è un tecnico radiologo di Belluno: «Abbiamo paura per il nostro futuro. Forse Zaia non sa che la sanità privata accreditata, nel 2012, ha svolto prestazioni per 25 milioni di euro e la Regione ha sborsato appena 2,5 milioni. Costiamo meno e rendiamo di più: quanto costa tenere aperto di notte un ospedale pubblico?». Sebastiano, medico di Padova, bolla la delibera come «una follia». E Silvano, fisioterapista di Treviso, spiega: «Vorremmo essere ascoltati e arrivare a una soluzione condivisa». Diego, pensionato di Padova, s’interroga: «Ma ci si rende conto che qui saltano migliaia di posti di lavoro?». Simona, 42 anni, dipendente di un Centro di attività motorie a Rovigo, è scoraggiata: «Abbiamo uno stipendio medio di 1.000, 1.200 e nessun ammortizzatore sociale. Se verranno confermati i tagli, ci toccherà restare a casa. Come tireremo avanti?».
Il Mattino di Padova – 18 marzo 2013