di Filippo Tosatto. Guanti sterilizzati che si bucano, filo da suture che si spezza, cannule chirurgiche inservibili. Succede nelle sale operatorie del Veneto, con una frequenza superiore alla media di usura. Una circostanza che il neonato Collegio dei primari chirurghi addebita alle modalità d’acquisto dei materiali sanitari decisa dalla Regione.
«Le forniture da parte delle Ulss avvengono attraverso aste centralizzare, spesso su base interprovinciale per spuntare condizioni migliori», fa notare Francesco Fidanza, il presidente della neonata associazione «nulla da obiettare sul fine, quello di risparmiare risorse pubbliche, ma perché non consentire ai chirurghi di testare gli strumenti prima di adottarli? E magari, a prezzo invariato, di esprimere un’indicazione sulla base dell’esperienza professionale?». «Perché un conto è gettare nel cestino un pennarello scadente, un altro ritrovarsi con la suturatrice meccanica che si inceppa mentre ricuci un torace», rincara Valentino Fiscon, il segretario del Collegio «ci sono interventi complessi che richiedono standard elevati, tanto più in un sistema ospedaliero come il nostro, oggettivamente di qualità. Oltretutto, che convenienza economica c’è in una scelta che ti costringe a cambiare tre, quattro volte i guanti deteriorati nel corso dello stesso intervento?».
La procedura centralizzata di acquisto di beni e servizi per la sanità veneta è stata avviata un paio d’anni fa, nel quadro della spending review necessaria a ripianare un disavanzo superiore al miliardo. Molti sprechi, effettivamente, sono stati eliminati – con notevoli benefici di bilancio – ma talvolta i tagli lineari si sono rivelati maldestri: «Accade che a parità di costo venga scelto un materiale meno idoneo, oppure che uno stesso articolo sia pagato a prezzi diversi. Per evitarlo chiediamo alla Regione di essere coinvolti», è l’esortazione a Luca Zaia.
Tanto più significativa perché i primari del bisturi non contestano ma condividono pienamente il nuovo Piano socio-sanitario (e il suo braccio operativo rappresentato dalle schede di programmazione) voluto dal governatore e destinato a cambiare il sistema della salute nel Veneto: «È giusto eliminare i reparti-doppione e razionalizzare le cure delineando una gerarchia tra gli ospedali», afferma Fidanza «le specialità non vanno sparpagliate sotto ogni campanile ma concentrate per garantire l’eccellenza delle prestazioni, tanto più in una stagione di ristrettezze finanziarie». È tutto? Quasi. Uscita malamente di scena la rumena City Insurance, tra sei mesi scadrà la copertura assicurativa sugli interventi nelle sale operatorie venete. Urge prevenire guai.
Il Mattino di Padova – 23 novembre 2013