Hanno appeso i camici «al chiodo», lasciandoli sventolare in una mattinata nebbiosa, lungo il passaggio che porta all’entrata del Policlinico. È la protesta dei medici laureandi, che ieri si è svolta in tutta Italia ma che a Verona ha trovato la principale «base» veneta, con arrivi anche da Padova.
Come molti loro coetanei si sentono «depredati del futuro», ma questa volta poco c’entra un mercato del lavoro statico se non saturo. La richiesta di medici c’è, come non mai nell’ultimo anno. Eppure, se va in porto l’ultimo taglio previsto dal Governo, in molti di loro rischiano di trovarsi del tutto senza lavoro. E con un’unica prospettiva: andare all’estero. «Ci volete fuori dall’Italia» era uno degli slogan che ieri risuonavano tra i manifestanti: 350 quelli presenti davanti all’ospedale di Borgo Roma. Il provvedimento dell’esecutivo prevede la riduzione delle borse di studio, su base nazionale, da 5.000 a 2.500 circa. Non si tratta solo di contributi al proseguimento degli studi; la borsa di studio, innanzitutto, garantisce il posto in una scuola di specialità, a cui altrimenti non è possibile iscriversi. «Praticamente tutti i medici laureati proseguono con questo percorso – spiega Gessica Marchesini, coordinatrice veronese dell’Associazione Italiana Giovani Medici – altrimenti dobbiamo veramente proseguire lo studio all’estero». «Se il provvedimento dovesse venire applicato – aggiunge Elisa Ferrandi – tre quarti dei medici uscenti potrebbe non trovare lavoro. Confidiamo che qualcosa cambi, abbiamo scritto a molti politici (tra cui i deputati Alberto Giorgetti e Gianni Dal Moro, ndr)».
Con gli studenti, anche i professori, tra cui e Alfredo Guglielmi, presidente della scuola di Medicina, Roberto Leone, presidente vicario del corso di Medicina e Chirurgia e Giovanni Pizzolo, ordinario di Ematologia. «Gli specializzandi non sono privilegiati, sono la vera manovalanza degli ospedali e se lavorano tanto e subito è perché ce n’è estrema necessità». Nei giorni scorsi i laureandi hanno scritto anche alla Regione chiedendo un contributo per la copertura delle borse. «Ma è il Ministero dell’Istruzione che deve risolvere la faccenda – è la risposta dell’assessore regionale alla Sanità Luca Coletto – oltretutto il Veneto ne esce doppiamente penalizzato: il numero delle borse di studio verrà calcolato su atenei e posti letto e chi ha risparmiato viene punito».
Corriere del Veneto – 13 dicembre 2013