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Vicesegreteria Lega al Veneto, sfida fra Tosi e Caner

Quattro i leghisti veneti eletti nel primo consiglio federale post-bossiano: gli assessori regionali Daniele Stival e Marino Finozzi (entrambi maroniani, sono di Pramaggiore e Thiene); il parlamentare padovano Massimo Bitonci (bossiano-venetista); e la “triumvira” Manuela Dal Lago, da sempre vicina al Senatùr, premiata a scapito di Gianantonio Da Re, il sindaco di Vittorio Veneto vittima del “fuoco amico” dei delegati trevigiani.

Ai piani alti di via Bellerio salgono anche, di diritto, il segretario lighista Flavio Tosi e il senatore vicentino Stefano Stefani, tesoriere del Carroccio dopo la cacciata di Belsito. C’è ancora in ballo la nomina del vicesegretario: spetta a Roberto Maroni ed è prevista fra una settimana; la carica è ambita da Flavio Tosi ma l’assenza di un trevigiano dal vertice rilancia le quotazioni di Federico Caner: il capogruppo all’assemblea regionale è cresciuto alla scuola dello sceriffo Gentilini ma appare assai più diplomatico nel destreggiarsi tra le fazioni rivali. Al di là delle poltrone, a rubare la scena, con discreto successo, ci ha provato Luca Zaia. Chiamato a presiedere i lavori e cosciente delle tensioni aleggianti sul congresso, il governatore – applauditissimo – ha confermato la sua vocazione di garante dell’unità del movimento: «Chiedo a Maroni di darci una mano a traghettare la Lega, perché se siamo qui qualcosa non ha funzionato. È inutile pensare ai complotti e prendersela con i magistrati o con i giornalisti, quando si sbaglia si chiede scusa, ci si cosparge di cenere e pancia a terra si lavora. Ci vogliono operazioni di pulizia esemplari, e poi occorre tornare al leghismo della base, dando i soldi ai militanti». La rotta da seguire? «Il tema del congresso è Prima il Nord, significa che se c’è un posto di lavoro libero, se ci sono delle case popolari da assegnare, bisogna darle prima ai nostri e poi al resto del mondo. Vuol dire anche che chi viene qui deve rispettare le leggi, se no a casa». I sondaggi danno il Carroccio in caduta libera e Zaia ammette l’esodo di parecchi padani verso il Movimento Cinque Stelle: «Se Grillo ha così successo è perché molti dei nostri hanno votato per lui, ma noi siamo gli unici che possono vincere la partita del Nord».

Poi, il coup de théâtre, con la chiamata sul palco della squadra veneta al gran completo, 19-consiglieri-19 e un messaggio in cifra (ma neanche tanto): mai più gregari dei lumbard, noi ci siamo, pesiamo e vogliamo contare. Un’esibizione muscolare che si stempera nell’appello finale al neosegretario: «Sono convinto che Maroni ci riporterà agli antichi splendori ma ti chiedo, Roberto, che si faccia partire una scuola quadri vera e degna di questo nome. Ti chiedo un piccolo segnale nella rinuncia ai doppi o ai tripli incarichi a favore dei più giovani. Giolitti diceva che se ad un sovversivo dai un posto di governo, lo trasformi in un burocrate. Questo non deve mai succedere nella Lega». Non è tutto. Luca Zaia è stato involontario protagonista di un siparietto con Umberto Bossi che l’ha punzecchiato tra il serio e il faceto: «Zaia, vieni avanti, stai sempre indietro, cominci a preoccuparmi tu… Leggimi il nuovo statuto che voglio capire se avete fatto imbrogli»; «No presidente, non c’è stato nessun imbroglio, è stato votato all’unanimità»; «Questo è già preoccupante, purtroppo vi lascio Zaia e vado a leggermi lo statuto», ha sentenziato sibillino il Senatur. Al quale il destinatario della battuta ha reso l’onore delle armi («Grazie per tutto ciò che hai fatto») prima di proclamare, con l’abituale stile felpato, il nome del suo successore.

 Il Mattino di Padova – 2 luglio 2012

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