Leggiamo sulla stampa veneta la notizia delle indagini della Procura di Venezia a carico di alcuni dipendenti del Dipartimento di prevenzione dell’Usl 12. Si tratta della chiusura delle indagini preliminari che viene notificata alle persone indagate. Solo in un secondo momento, preso atto delle memorie e degli atti difensivi, la Procura eventualmente procederà alle richieste di rinvio a giudizio. Ma sarà poi il giudice dell’udienza preliminare a decidere in merito. Nel frattempo il Sivemp Veneto si augura che venga fatta luce al più presto sull’intera vicenda. Nell’interesse della collettività, del servizio veterinario dell’azienda sanitaria veneziana e degli stessi colleghi sull’operato dei quali sono in corso gli accertamenti.
Vongole e mitili, tre veterinari e due tecnici dell’Usl 12 nei guai
di Giorgio Cecchetti* Vongole e mitili che finivano sui banchi dei mercati del pesce di mezza Italia provenienti dai numerosi allevamenti della laguna non sarebbero stati controllati dal punto di vista sanitario, come invece prevede la legge. Così il pubblico ministero Giorgio Gava si appresta a chiedere il rinvio a giudizio per falso ideologico dopo aver depositato gli atti, chiudendo l’inchiesta, nei confronti di tre veterinari e due tecnici di laboratorio del Servizio veterinario dell’Asl 12. Poi la parola passerà al giudice dell’udienza preliminare.Nell’ambito di questa struttura, esiste un ufficio che si occupa proprio della molluschicoltura, che nella laguna di Venezia è molto sviluppata. Da almeno trenta anni, cono infatti numerosi gli allevamenti di mitili nell’area che va dagli Alberoni a Santa Maria del Mare da un lato e nell’area di Punta Sabbion-Cavallino dall’altro. Da una decina di anni, da quando le autorità hanno posto un freno alla raccolta indiscriminata delle vongole veraci, sono state date in concessione ai pescatori – trasformati in allevatori – vaste aree in cui seminare e raccolgiere i caparozzoli. A Chioggia, a Pellestrina e al Cavallino sono sorti di conseguenza numerosi centri di stabulazione, dove i molluschi vengono depositati e depurati per tre giorni prima della commercializzazione. Un business che dà lavoro a centinaia di persone e che deve sottostare a regole precise, come del resto tutto ciò che riguarda l’alimentazione.
La normativa, in particolare, prevede che i veterinari dell’Asl periodicamente compiano prelievi di campioni di vongole e mitili di ogni allevamento, campionature che devono essere eseguite a varie profondità e latitudini. Trasferiti i molluschi in laboratorio devono essere esaminati in modo da studiare lo stato d’inquinamento delle acque in cui crescono e naturalmente del prodotto. Sono i veterinari che devono recarsi negli allevamenti per prelevare i campioni. Stando, invece, alle indagini della Sezione navale della Guardia di finanza, erano gli allevatori a consegnare vongole veraci e mitili ai laboratori, in questo modo i vetererinari dell’Asl 12 non avevano la certezza della provenienza dei molluschi che i tecnici del laboratorio poi esaminavano. Gli accertamenti sono scattati, grazie ad una segnalazione giunta in Procura, nel luglio dello scorso anno, e le fiamme gialle hanno monitorato gli indagati per tre mesi, fino all’ottobre 2012, provando con fotografie e video che almeno cento campionature non sarebbe state eseguite secondo le norme. Agli atti vi sarebbero anche riprese video, fatte sia agli Alberoni sia a Punta Sabbioni, in cui si vedono gli allevatori che consegnato ai veterinari i molluschi da analizzare. Naturalmente le «fiamme gialle» non erano sul posto per caso, ma avevano seguito i sanitari dell’Asl 12, dopo aver intercettato le telefonate tra loro e gli allevatori, chiamate fatte per prendere gli accordi.
In questo modo, la legge viene aggirata: non c’è più, infatti, il controllo sui moluschi che vengono commercializzati. Ma soprattutto manca la conoscenza dello stato di salute delle acque della laguna, non avendo il controllo diretto sulla provenienza dei molluschi, difficile stabilire se e dove l’inquinamento è maggiore o minore. L’autorità sanitaria non ha più il polso della situazione della lagune e neppure se ne accorge. (La Nuova Venezia)
Vongole pescate senza controlli, veterinari Usl accusati di falso. Invece di uscire in barca, aspettavano a riva: salute a rischio
Il loro compito sarebbe stato quello di seguire i pescatori di vongole e cozze e fare i campionamenti dell’acqua per essere sicuri che fossero sane. Invece se ne stavano a riva ad aspettare che portassero i molluschi, della cui provenienza non potevano dunque essere sicuri. «E’ evidente che una siffatta modalità operativa non consente di ascrivere con certezza i molluschi bivalvi analizzati a determinate aree di pesca», aveva scritto il pm Giorgio Gava nel decreto di perquisizione con cui un anno fa i finanzieri del Nucleo Natanti del Reparto Aeronavale si erano presentati nella sede dell’Usl 12 di piazzale San Lorenzo Giustiniani per una serie di perquisizioni ai servizio veterinario. Ed è evidente che il timore del magistrato e degli investigatori è che con questo stratagemma si potesse nascondere del prodotto ittico pescato in aree «sporche» con un piccolo campione «pulito». Ora, un anno dopo, il pm Gava ha chiuso l’indagine e per 5 dipendenti dei servizi, tra cui anche lo storico direttore del servizio, si avvicina l’ora del processo con l’accusa di falso ideologico: aver cioè messo la firma su un verbale di campionamento sapendo di non dire il vero. Non sarebbero invece emersi scambi di denaro o regali, tali da poter configurare reati più gravi come la corruzione.
Tutto era partito da alcune verifiche dei finanzieri, che avevano scoperto il sistema, forse anche grazie a una «dritta» interna. Le fiamme gialle avevano così organizzato dei servizi di controllo e avevano visto con i loro occhi e fotografato gli incontri tra i medici dell’Usl 12 e i pescatori, che avvenivano a terra (di solito alla diga degli Alberoni o a Punta Sabbioni) e non invece in mare, come prevede la normativa in maniera di sicurezza alimentare. Il medico infatti dovrebbe effettuare il prelievo nella zona di pesca dei molluschi, per poter certificare la salubrità del prodotto. Il problema, secondo la versione degli avvocati difensori, era però più logistico che fraudolento: l’imbarcazione con cui i medici sarebbero dovuti andare in acqua era infatti rimasta in avaria per mesi e il direttore del servizio aveva chiesto più volte la sostituzione o per lo meno il noleggio di un altro mezzo, allegando anche i preventivi di spesa. Domande che però non avrebbero ottenuto risposta dai vertici dell’Usl 12, «costringendo» i medici ad operare in questo modo.
Ora è probabile che qualcuno dei cinque medici voglia spiegare tutto questo al pm Gava, che poi dovrà a sua volta decidere se procedere con la richiesta di rinvio a giudizio. Tra l’altro la loro linea è che comunque non è mai stato immesso sul mercato del pescato pericoloso dal punto di vista igienico-sanitario. Questo, in realtà, è un aspetto che, pur sicuramente prioritario per la salute pubblica, per l’indagine penale conta fino a un certo punto: di fronte a un giudice potrebbe bastare solo la verifica che il documento firmato era falso e lo era consapevolmente. (Corriere del Veneto)
20 ottobre 2013