Via libera dell’Aula della Camera alla seconda fiducia posta dal governo sulla riforma del mercato del lavoro. I sì sono stati 430, i no sono stati 74, le astensioni 11. Dopo aver incassato la prima fiducia posta dall’esecutivo sugli articoli da 1 a 21 della riforma del mercato del lavoro (flessibilità in entrata e articolo 18), è arrivato quindi l’ok anche al secondo pacchetto di misure (sugli articoli che riguardano gli ammortizzatori sociali). Oggi ci saranno invece i voti di fiducia sul terzo e sul quarto emendamento. Il governo ha infatti posto quattro fiducie su altrettante parti su cui è stato suddiviso il provvedimento già approvato dal Senato. Seguiranno l’esame degli ordini del giorno e il voto finale sul disegno di legge, alla vigilia dunque del vertice europeo, per poter presentarsi al Consiglio europeo di giovedì con il testo approvato.
Le dichiarazioni di voto finale inizieranno sempre questo pomeriggio a partire dalle 17, per passare all’approvazione definitiva del disegno di legge attesa in tardo pomeriggio. La strada era apparsa spianata dopo che lunedì l’Aula della Camera ha respinto le pregiudiziali di costituzionalità presentate dall’Idv e dalla Lega.
Nella discussione generale che si è svolta ieri in mattinata, in un’aula semideserta – di fronte a meno di una ventina di deputati, mentre per il governo erano presenti il ministro del Lavoro Elsa Fornero, con il viceministro Michel Martone e il sottosegretario ai Rapporti con il Parlamento, Giampaolo D’Andrea – uno dei due relatori del Ddl, Giuliano Cazzola (Pdl) ha ribadito che il voto favorevole della maggioranza è «ampiamente condizionato all’impegno assunto dal Governo di modificare il provvedimento in esame in tempi politicamente sostenibili».
Il riferimento è alla richiesta di accelerazione del via libera alla riforma sollecitata da Palazzo Chigi mercoledì scorso, in un comunicato che impegna l’Esecutivo a risolvere «tempestivamente, con appropriate iniziative legislative, altri problemi posti dai gruppi parlamentari», in particolare «la questione degli esodati e alcuni aspetti della flessibilità in entrata e degli ammortizzatori sociali», anche «sulla base delle costruttive proposte provenienti dai gruppi di maggioranza». Più nel dettaglio sugli esodati la platea dei 65mila “salvaguardati” dal decreto del governo si allargherà ad altri 55mila lavoratori, spostando dal 4 al 31 dicembre la scadenza degli accordi sulla mobilità o cassa integrazione, che potranno andare in pensione con le vecchie regole ante-riforma Fornero.
Per Cazzola – che ha parlato anche a nome dell’altro relatore di maggioranza, Cesare Damiano (Pd) – va respinta un’interpretazione secondo la quale «i partiti, con la testa rivolta all’indietro, opporrebbero resistenze conservatrici allo spirito innovatore impersonato dal Governo». Il relatore ieri si è soffermato sulle criticità dell’articolato evidenziate dalle parti sociali, ricordando che nelle audizioni si è preso atto di una «larga convergenza tra organizzazioni imprenditoriali e sindacali» che, «pur essendo consapevoli dei problemi che questa legge non solo non risolve, ma crea, hanno ritenuto doveroso garantire al Governo l’appoggio richiesto in una fase delicata come l’attuale».
Il ministro Fornero ha ribadito le ragioni della riforma del mercato del lavoro: «È stata chiesta da istituzioni internazionali che se hanno chiesto che il Parlamento approvi la riforma non è per approvare una qualunque riforma ma perché hanno visto le luci e hanno visto i lati positivi – ha detto–. Anche se nessuno l’ha mai definita perfetta è articolata e complessa». Secondo il ministro Fornero, peraltro, «la ricerca della perfezione non porta da nessuna parte», mentre «risolvere i problemi in modo pragmatico può permettere al paese di raggiungere nuovi traguardi di occupazione». Proprio in nome di un approccio pragmatico, Fornero assicura «un monitoraggio sul modello tedesco», e «anche per questo la riforma merita di essere approvata».
L’obiettivo, per il ministro Fornero, è «ritarare la flessibilità in entrata per dare alle imprese un giusto grado di flessibilità, ostacolando l’uso cattivo di questa flessibilità che ha condotto al precariato». Alle critiche rivolte dagli imprenditori all’articolato, il ministro risponde «va riconosciuto che la flessibilità è un valore per le imprese», e «non è mai stato intenzione di questo Governo penalizzare le imprese», perché «è dall’impresa e non dai sussidi pubblici che viene lavoro buono».
Il Sole 24 Ore – 26 giugno 2012