Ha puntato i piedi fino all’ultimo Renato Balduzzi. Scandendo bene le parole: «Non mi ha obbligato nessuno a fare il ministro». Non una minaccia di dimissioni, ma poco ci manca, quelle parole pronunciate all’inizio del Consiglio dei ministri. E col ministro della Salute hanno fatto muro il Pd, il sindacato, le Regioni. Perfino la Lega s’è messa di traverso. Sui nuovi tagli alla spesa sanitaria s’è consumato ieri in Consiglio dei ministri un vero e proprio braccio di ferro. La proposta dell’Economia inserita nel Ddl di stabilità per il 2013 ha messo infatti la spesa sanitaria ancora una volta tra i piatti centrali della manovra del Governo. All’indice questa volta soltanto l’acquisto di beni e servizi da parte di asl e ospedali ma anche una drastica riduzione del tetto di spesa per i dispositivi medici, già pesantemente colpiti dalla spending review di luglio. L’articolo 6 – le norme sulla sanità
Risultato: tra 1,3-1,5 miliardi di nuovi tagli al fondo sanitario nazionale del 2013. Col risultato che tra il 2012 e il 2014 l’effetto combinato della spending review e della manovra 2011 di Tremonti, vale 13,7 miliardi di minore spesa sanitaria. Che diventerebbero 23 miliardi in meno sommando anche i tagli precedenti.
Un nuovo salasso, quello arrivato ieri sui tavoli del Consiglio dei ministri, che è rimasto in bilico fino all’ultimo. Con voci che si rincorrevano, tra le contestazioni contro la manovra che intanto continuavano ad arrivare a palazzo Chigi, di possibili ammorbidimenti allo studio. E Balduzzi all’attacco contro i tagli. Anche se dal testo del Ddl spuntavano poi anche altre novità: come la proroga di un anno, per tutto il 2013, del blocco dei pignoramenti da parte dei creditori nelle Regioni sotto piano di rientro dal debito sanitario. Una norma che, curiosamente, quasi per blindarla, intanto veniva inserita anche nel “decreto sanitario” di Balduzzi proprio nelle stesse ore all’esame della Camera.
Razionalizzare la spesa e soprattutto tagliare quella per l’acquisto di beni e servizi «anche al fine di garantire il rispetto degli obblighi comunitari e la realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica»: così, un poco in stile Tesoro, un poco con la griffe di Enrico Bondi, il Ddl stabilità spiega la necessità di intervenire sulla spesa sanitaria. Il tutto (1,5 miliardi di risparmi, nella versione iniziale della bozza) affidato a due sole norme: l’aumento dal 5 al 10%, a partire dal prossimo anno, della riduzione dei contratti in essere; poi la riduzione dal 4,9 al 4% nel 2013, quindi al 3,9% nel 2014, del tetto di spesa (rispetto all’intero fondo sanitario nazionale) per l’acquisto di dispositivi medici da parte di asl e ospedali. Il rinnovo del blocco per tutto il 2013 dei pignoramenti nelle Regioni in rosso, ha chiuso il cerchio della manovra sanitaria.
Con margini di recupero dei tagli che al via del Consiglio dei ministri sono sembrati subito assai esigui. Da 1,5 forse si potrà scendere a 1,3 miliardi, frenava l’Economia anche davanti al pressing politico e del ministro. «Tagli insostenibili», ha ripetuto ai colleghi Balduzzi ricordando che alla spesa sanitaria già sono stati assestati colpi a ripetizione in questi anni. Anche dal Governo dei tecnici. Ricordando ancora, il ministro, che intanto in Parlamento c’è il suo decretone che rischia il pollice verso, mentre c’è da applicare la spending review anche con i tagli agli ospedali, mentre col «Patto per la salute» forse si metterà mano ai ticket sui quali, col Ddl di ieri, ha chiesto di blindare il potere di intervento del Governo dopo una recente sentenza della Consulta.
Proprio dal Parlamento arrivavano intanto le bordate contro i nuovi tagli allo studio del Consiglio dei ministri. Per prima l’ex ministro Livia Turco (Pd), relatrice del decretone sanitario alla Camera: «Se fossero confermate le indiscrezioni, sarebbe meglio accantonare i lavori sul decreto», faceva sapere. E, di rincaro, Vasco Errani (Emilia Romagna), per tutti i governatori: «Tagli non accettabili, la sanità sarà ingestibile».
Nella bozza entrata in Cdm previsto sconto del 10% sui vecchi contratti di acquisto e abbassamento del tetto per i dispositivi medici. Sul totale dei tagli Grilli precisa che l’ammontare a regime ammonta “solo” a 1 miliardo e non di 1,5 come ventilato. Ecco la bozza dell’art. 6 (sanità).
Il Consiglio dei ministri ha varato ieri notte la legge di stabilità 2013. Tra le norme un’ulteriore stretta alla sanità. I dettagli non sono ancora chiari, anche perché fino al termine del Consiglio si era parlato di 1,5 miliardi di tagli (come riporta anche la bozza del provvedimento entrato in Cdm) mentre in conferenza stampa il ministro dell’Economia Grilli ha invece precisato che “i tagli relativi al capitolo sanità ammontano a un miliardo di euro a regime”.
Pochi dubbi, invece, sul come arrivare a questa nuova riduzione del fondo sanitario dopo quella della prima ondata di spending review.
Ancora una volta la via scelta dal Governo è quella della riduzione delle poste d’acquisto di beni e servizi, attraverso due mosse: l’innalzamento al 10% della riduzione degli oneri per i vecchi appalti e l’abbassamento del tetto di spesa per i dispositivi medici che scenderà rispettivamente, al 4% nel 2013 (era al 4,9%) e al 3,9% dal 2014 (era al 4%). Queste le cifre nella bozza entrata. Vedremo se le parole di Grilli (1 miliardo a regime e non 1,5 come si era ventilato) si tradurranno in ritocchi a tali misure.
Nel comunicato del Governo si precisano in ogni caso i dati di partenza di questa nuova operazione di revisione della spesa, sottolineando che “Le nuove misure di razionalizzazione della spesa pubblica si basano su un censimento di spesa “aggredibile” pari a circa 50 miliardi: 11 miliardi per l’acquisto di farmaci, 7 miliardi per i dispositivi medici e 32 miliardi di acquisti per gli investimenti. L’importo censito nelle due fasi della spending è di 110 miliardi, circa il 65% della spesa pubblica per l’acquisto di beni e servizi”.
Il Sole 24 Ore – Quotidiano Sanità – 10 ottobre 2012