Abolizione del trattenimento in servizio, risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro al raggiungimento dei requisiti per la pensione anticipata e divieto di conferire incarichi dirigenziali a soggetti collocati in quiescenza. Sono alcune delle novità contenute nel Dl 90/14 – convertito in legge la scorsa settimana – per migliorare l’efficienza nella Pa e negli uffici giudiziari, innestandosi peraltro su altre novità degli ultimi anni (si veda qui). Nel pubblico impiego il lavoratore deve lasciare il posto a 65 anni se a tale età ha maturato un qualsiasi diritto a pensione. In caso contrario il rapporto proseguirà fino ai nuovi limiti previsti per il conseguimento della pensione di vecchiaia (66 anni 3 mesi). In funzione di quale requisito risulterà prima perfezionato il rapporto di lavoro si intenderà risolto senza che l’interessato possa chiedere di proseguire il rapporto di lavoro per un altro biennio.
L’articolo 16 della riforma Amato (Dlgs 503/92) aveva introdotto tale facoltà per posticipare il pensionamento e rinviare la relativa spesa. Nel corso degli anni diversi interventi normativi sono stati, però, attuati sull’articolo 16. In principio, se il dipendente ne chiedeva l’applicazione, la concessione da parte dell’ente era obbligatoria, mentre successivamente (dal 31 maggio 2010) fu previsto che se l’ente concedeva il trattenimento, esso costituiva nuova assunzione.
I trattenimenti già in essere cesseranno la loro efficacia dal 31 ottobre 2014 o fino alla loro scadenza se prevista in data anteriore. Per il comparto scuola, stante la specificità del settore e per salvaguardare la continuità didattica, i trattenimenti cesseranno, tuttavia, il prossimo 31 agosto. La norma generale trova poi una limitazione per i magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari al fine di assicurare la funzionalità degli uffici giudiziari. Per costoro, se hanno i requisiti, il trattenimento potrà arrivare fino al 31 dicembre 2015 o fino alla loro scadenza naturale, se prevista in data anteriore.
Il nuovo decreto ha eliminato il riferimento temporale per quanto riguarda le risoluzioni unilaterali del rapporto di lavoro da parte delle Pubbliche amministrazioni nei confronti del proprio personale in possesso dei requisiti per l’accesso alla pensione anticipata. Prima della riforma gli enti avrebbero potuto esercitare la risoluzione fino al 31 dicembre 2014. Le Pa, con decisione motivata e con riferimento alle esigenze organizzative e ai criteri di scelta applicati e senza pregiudizio per la funzionale erogazione dei servizi, possono – a decorrere dalla maturazione del requisito di anzianità contributiva per l’accesso al pensionamento anticipato come disciplinato dal decreto Salva Italia (Dl 201/11) – risolvere il rapporto di lavoro e il contratto individuale anche del personale dirigenziale con un preavviso di sei mesi. Nel caso in cui dovessero operare le penalità (1%-2% sulle quote retributive) per pensionamenti con età inferiori a 62 anni, gli enti dovranno attendere il raggiungimento di tale età o comunque un periodo sufficiente a far sì che le decurtazioni non trovino più applicazione. Salvi dalla risoluzione in parola sono il personale di magistratura, i professori universitari e i responsabili di struttura complessa del Servizio sanitario nazionale, mentre troverà applicazione ai dirigenti medici e del ruolo sanitario non prima del 65º anno di età.
Stretta anche al conferimento degli incarichi a pensionati. Le pubbliche amministrazioni, nonché gli enti inseriti nel conto economico consolidato della Pa così come individuati dall’Istat, le autorità indipendenti e la Consob non potranno attribuire incarichi di studio e di consulenza a soggetti già lavoratori privati o pubblici collocati in quiescenza. Agli stessi soggetti non potranno essere conferiti incarichi dirigenziali o direttivi o cariche in organi di governo delle amministrazioni in parola e degli enti e società da esse controllati. Salvi i componenti delle giunte degli enti territoriali e i componenti o titolari degli organi elettivi di ordini e collegi professionali, nonché di enti aventi natura associativa. Gli incarichi e le collaborazioni sono tuttavia consentiti a titolo gratuito e per la durata massima di un anno. Non sono previste né proroghe, né rinnovi e i rimborsi spese eventualmente corrisposti dovranno essere rendicontati. Tali disposizioni troveranno comunque applicazione agli incarichi conferiti dopo la data di entrata in vigore del decreto (25 giugno 2014).
MOBILITA’. SPOSTAMENTO OBBLIGATO ENTRO UN’AREA DI 50 KM
Il Governo, viste le ristrettezze di bilancio, risponde alle richieste di nuove assunzioni potenziando la mobilità dei dipendenti, di cui individua tre tipi. La prima è la mobilità volontaria, in cui assume rilievo la richiesta del dipendente di essere trasferito. Preliminarmente l’amministrazione deve fissare i requisiti e le competenze richieste. Il testo originario del decreto legge, al contrario, imponeva l’individuazione dei criteri di scelta. Bisognerà, quindi, procedere a una immediata revisione della regolamentazione sulla mobilità per recepire le novità introdotte dalla legge di conversione. In tale regolamentazione si deve prevedere, altresì, l’obbligo di pubblicazione sul sito internet dell’ente di un apposito avviso per almeno 30 giorni. Il termine può essere anche superiore e possono essere individuati ulteriori mezzi di informazione per la pubblicità del bando. L’ente definisce anche soggetti, modalità e tempi per l’individuazione del dipendente pubblico idoneo a ricoprire il posto vacante; dipendente che deve già possedere una qualifica corrispondente a tale posto ed essere munito dell’assenso dell’amministrazione di appartenenza.
Il secondo e il terzo tipo di mobilità si possono definire obbligatori, in quanto si prescinde dall’assenso del dipendente. Può avvenire all’interno della stessa amministrazione o fra due enti diversi, previo accordo fra gli stessi. In questi casi, però, il trasferimento deve avvenire nello stesso comune oppure a una distanza dalla sede di servizio non superiore a 50 chilometri. Anche in queste fattispecie è necessario che l’ente, per garantire la massima trasparenza e oggettività, fissi preliminarmente i criteri con cui vengono individuati i dipendenti da trasferire e le modalità con le quali si procede alla individuazione dell’amministrazione con cui stipulare l’accordo. Un’ultima tipologia di mobilità dei lavoratori prescinde anche dalla volontà degli enti interessati ed è decisa con decreto del ministro per la Semplificazione e la pubblica amministrazione, consultate le organizzazioni sindacali e previa intesa in sede di conferenza unificata.
Le mobilità per le quali non è previsto il consenso del lavoratore non operano nel caso di dipendente con figli minori di tre anni, con diritto al congedo parentale o quando il lavoratore ha diritto ai tre giorni di permesso di cui all’articolo 33, comma 3, della legge 104/92.
PERSONALE. SI AMPLIANO GLI SPAZI PER NUOVE ASSUNZIONI
Per aumentare la possibilità delle Pa e, in particolare dei Comuni e delle Regioni, di effettuare assunzioni di personale a tempo indeterminato e determinato il Dl 90/14 contiene numerosi interventi.
Si abroga, anzitutto, il divieto di dare corso ad assunzioni per gli enti con un rapporto tra spesa del personale e corrente superiore al 50 per cento. Il che determinerà in Sicilia la stabilizzazione di buona parte degli oltre 20mila precari. Importante è la scelta di assumere, dal 2014, come tetto alla spesa del personale negli enti soggetti al patto di stabilità, quello medio del triennio 2011-13 e non più quello dell’anno precedente. Il che determina il superamento del vincolo alla progressiva riduzione della spesa del personale in favore – come già avveniva per gli enti non soggetti al patto con il riferimento al 2008 – dell’ancoraggio a una base certa. Così viene tolto un pesante vincolo alle assunzioni: spesso con gli oneri da esse determinate si finiva con il superare il tetto della spesa del personale dell’anno precedente, per cui esse venivano subordinate alla realizzazione di risparmi ulteriori, quali quelli determinati da nuove cessazioni.
La possibilità di effettuare assunzioni viene, inoltre, accresciuta. Per quelle a tempo indeterminato il tetto è fissato non più nel 40% della spesa del personale cessato, ma nel 60% per il biennio 2014-15, nell’80% per il biennio 2016-17 e nel 100% dal 2018. Per gli enti in cui il rapporto tra spesa del personale e spesa corrente è inferiore al 25% il tetto alle assunzioni a tempo indeterminato sale allo 80% per il 2014 e al 100% dal 2015. In controtendenza rispetto a queste scelte si colloca, invece, il superamento delle deroghe in tema d’incidenza sulla spesa per le nuove assunzioni dei vigili e del personale da utilizzare nelle funzioni servizi sociali e pubblica istruzione.
Aumentano, infine, le possibilità di ricorrere anche alle assunzioni flessibili. Non sono incluse nel relativo tetto alla spesa gli oneri per Lsu, Lpu e cantieri di lavoro finanziati da altri soggetti. E, soprattutto, si può superare il tetto del 50% della spesa sostenuta a tale titolo nel 2009 in tutti gli enti in cui viene rispettato il vincolo alla spesa del personale. Vi sono, inoltre, deroghe al tetto di spesa complessivo per quelle dei vigili nei piccoli Comuni turistici.
Il Sole 24 Ore – 15 agosto 2014