A Lecco il riscaldamento delle scuole è garantito fino alle vacanze di Natale, grazie a un finanziamento che il Pirellone è riuscito a costruire per le Province più in difficoltà: soldi arrivati anche lontano dal lago, per esempio a Monza, dove per chiudere il bilancio si è deciso di rimandare a data da destinarsi la costruzione delle nuove scuole di Arcore e Brugherio.
Anche in Umbria la Regione sta provando a metterci una pezza, ma la coperta è corta e sia a Perugia sia a Terni l’agenda delle Province per le prossime settimane parla apertamente di dissesto. Lo stesso accade più a Nord, a Verbania, nonostante un indennizzo parziale arrivato da Torino dopo che i tagli fatti dalla Regione nel 2012 e 2013 sono stati dichiarati incostituzionali.
Mercoledì scorso è stato un giorno importante per le Province: quel giorno sono scaduti i termini, ultra-prorogati, per chiudere i bilanci “preventivi” di quest’anno, ed è arrivato in Gazzetta Ufficiale il decreto della Funzione pubblica che fissa i criteri per la mobilità del personale in esubero: entrambi i passaggi, però, finiscono per certificare uno stallo che coinvolge i 43mila dipendenti degli enti di area vasta (50mila se si calcolano anche le Regioni autonome) e le migliaia di persone che hanno vinto un concorso in altri enti pubblici e ora si incrociano con la ricollocazione degli esuberi; in ballo, però, ci sono anche i cittadini, che anche quest’anno stanno versando più di 3,7 miliardi di tasse “provinciali” ma vedono strade e servizi in stato di abbandono anche perché metà di queste imposte finiscono in realtà allo Stato. L’anno prossimo, se la manovra non pescherà un jolly anche per le disastrate province nel difficile gioco delle coperture, finiranno nel bilancio statale 2,7 miliardi di imposta «provinciale» di trascrizione e di addizionale, altrettanto «provinciale», sull’Rc Auto: in pratica 7 euro ogni 10 chiesti agli automobilisti.
Il caos nasce dal fatto che a un anno e mezzo dall’approvazione della legge Delrio, e dieci mesi dopo il taglio del 50% (30% nelle Città metropolitane) alle spese di personale chiesto dall’ultima manovra, la macchina della mobilità che avrebbe dovuto spostare diventato “di troppo” nelle Province alleggerite di funzioni non è ancora partita. I bilanci locali, quindi, sono stati super-tagliati ma i costi sono ancora a loro carico, in un corto-circuito che sposta le risorse superstiti dai servizi agli stipendi e nelle realtà più zoppicanti mette a rischio lo stesso pagamento delle buste paga. Il «Portale nazionale della mobilità», cioè il cervellone che dovrebbe incrociare la domanda di lavoro dei dipendenti provinciali in uscita e l’offerta da parte delle altre amministrazioni è ancora desolatamente vuoto, perché nell’incertezza su funzioni e prospettive le Province si sono ben guardate dallo scrivere gli elenchi nominativi degli esuberi, così come le altre amministrazioni non hanno inserito i dati sui posti disponibili.
Ad attivare il cervellone dovrebbe essere proprio il decreto della Funzione pubblica, che era pronto da prima dell’estate ma solo la scorsa settimana ha ottenuto il via libera della Corte dei conti. Il decreto fissa un calendario ambizioso, che dà 30 giorni a Città metropolitane e Province per indicare gli esuberi e 60 a Comuni, Regioni e Pa centrale per comunicare le disponibilità. Nei 30 giorni successivi Palazzo Vidoni dovrà verificare il tutto e comunicare i dati, dopo di che i dipendenti in via di spostamento avranno un mese di tempo per esprimere la propria preferenza sulla destinazione: a quel punto, nei 30 giorni successivi la Funzione pubblica assegnerà al loro nuovo ufficio i diretti interessati, che avranno un mese di tempo per spostarsi.
La riscrittura della geografia del pubblico impiego, dunque, non si dovrebbe concludere prima della prossima primavera, ammesso che tutto fili liscio. Ma, ovviamente, non è detto, perché la resistenza passiva delle Regioni. Solo sette su 15 a Statuto ordinario hanno approvato la legge sul riordino delle funzioni, spesso rinviando a provvedimenti successivi la grana del personale: ma se le Province e le Città metropolitane non sanno quali sono i compiti che rimangono nella loro competenza difficilmente possono capire quali dipendenti non servono più. Entro fine mese, minaccia il decreto enti locali approvato prima dell’estate, le Regioni dovranno chiudere la trafila, altrimenti saranno costrette a pagare alle Province il costo delle funzioni rimaste appese agli enti di area vasta: una sanzione pesante, che non basterebbe a dare certezze definitive al personale ma almeno offrirebbe qualche garanzia in più sulle risorse. C’è però da scommettere che anche su questo si aprirà un braccio di ferro con le Regioni, nel nome dell’«autonomia finanziaria» dei governatori. L’altro conflitto in arrivo è quello con i sindacati, perché la mobilità non offre una garanzia automatica su tutto il trattamento accessorio (si veda Il Sole 24 Ore dell’8 settembre) e sono già stati annunciati ricorsi in tutti i casi in cui le buste paga dovessero alleggerirsi. La partita, insomma, è ancora lunga, e pone un altro problema da affrontare nel tavolo già ricco della manovra.
La platea. Governatori chiamati a ridisegnare le funzioni entro il 31 ottobre
Esuberi e vincitori di concorso ora aspettano le scelte regionali
A distanza di un anno e mezzo della legge Delrio, i soggetti coinvolti nell’operazione-Province possono trovare un po’ di tranquillità con la pubblicazione del decreto sui criteri per la mobilità, avvenuta lo scorso 30 settembre? Sicuramente è stato fatto un passo avanti, ma la strada sembra ancora lunga e in salita.
I primi che vedono qualche speranza di certezza, dopo mesi in cui si è detto tutto e il contrario di tutto, sono proprio i dipendenti delle Province e delle Città metropolitane. Ad oggi, queste persone non sanno qual è il loro destino in quanto, nella maggior parte dei casi, non è ancora stato adottato l’atto con il quale vengono individuati, con nome e cognome, i lavoratori che devono essere considerati «soprannumerari». Le Province additavano la colpa alle Regioni, che non avevano legiferato sulle funzioni che restavano in capo a queste ultime. Le Regioni, a loro volta, si difendevano dietro un quadro normativo confuso e incerto, soprattutto in tema di risorse finanziarie. Ora tutti gli alibi cadono.
Con il Dl 78/2015, le amministrazioni regionali devono approvare la legge di riordino delle funzioni entro il 31 ottobre. Di conseguenza, vengono anche determinati i dipendenti che, poiché addetti alle funzioni “riassunte” dalle Regioni, sono trasferiti nei ruoli regionali. Le Province possono, quindi, individuare i loro lavoratori da considerare in eccedenza e iniziare il percorso per la loro ricollocazione, inserendoli nel portale della mobilità, così come previsto dall’articolo 4 del decreto pubblicato in Gazzetta. I più fortunati possono evitare da subito il calvario, accedendo al prepensionamento, qualora abbiano maturato i requisiti ante riforma Fornero. Per i rimanenti, inizia il percorso a tappe, che, se tutto va come previsto, si chiuderà la primavera prossima.
In questo contesto, possono qualche prospettiva solida arriva anche per i vincitori di concorso. Magari hanno dovuto attendere molto tempo (alcune graduatorie risalgono ad anni orsono), ma ora viene il loro turno e ai vincitori, con la legge di stabilità 2015, è riconosciuta la precedenza nella immissione nei ruoli della Pubblica amministrazione. Questa operazione deve essere effettuata da tutte le Pubbliche amministrazioni ancor prima di prendere in considerazione il problemi degli esuberi degli enti di area vasta. Ovviamente anche la nomina dei vincitori incontra un limite, che è rappresentato dalle facoltà assunzionali riconosciute all’ente nell’anno di riferimento.
Al contrario, nessuna speranza, almeno per il momento, può essere riservata per gli «idonei» di concorso. Il loro destino è legato all’ultimazione delle operazioni di ricollocazione dei dipendenti in esubero. Dovrà, infatti, esaurirsi questa fase perché le amministrazioni, sia statali che locali, possano tornare alle normali procedure di reclutamento del personale e, quindi, con possibilità, tra le altre, di scorrere le graduatorie valide. La loro nomina, però, deve fare i conti nuovamente con i soprannumerari, ma questa volta si tratta dei soggetti inclusi nelle liste gestite dalla Funzione pubblica e dichiarati in esubero a seguito di processi di riorganizzazione, secondo quanto disposto dall’articolo 34-bis del Dlgs 165/2001.
Il Sole 24 Ore – 5 ottobre 2015