Vivere sereni? Un’utopia per chi, ogni mattina, entra in ufficio. I rapporti con capi e colleghi sono scivolosi. Di più, difficili. In Italia, in un’azienda su sette, la regola è l’irascibilità, parlarsi alle spalle, avere atteggiamenti ostili, interrompere, urlare e gareggiare in sarcasmo. La conferma arriva da una ricerca condotta dalla Bocconi in collaborazione con l’Inail, direzione regionale Lombardia.
Lo studio, che sarà presentato oggi a Milano, è stato condotto su quattrocento aziende e calcola l’indice di aggressività sui luoghi di lavoro sulla base di diciotto atteggiamenti tipici che rispecchiano un clima di scarsa armonia e che possono produrre un crollo, anche drastico, della produttività.
«Calcoliamo l’indice sulla base dei comportamenti ostili più frequenti, esattamente come se misurassimo una “febbre da aggressività” con un termometro che va da zero a cento », spiega Massimo Magni, professore di Comportamento organizzativo alla Bocconi. «Così, se la temperatura media dell’aggressività in Italia è di 35 — il livello sul quale si attesta la maggior parte delle aziende — c’è uno zoccolo duro composto dal 13,5 per cento degli uffici in cui le condotte ostili arrivano a punte di 70».
Chi è dunque il responsabile della brutta aria che tira? Maggi non ha dubbi: «I comportamenti della collettività derivano da quello dei capi: sono loro a generare modelli, positivi o negativi. Se un capo è sarcastico, in ufficio si diffonde come un virus il sarcasmo. Se il capo è gentile si produce di più e si sviluppano i talenti. Di certo, l’aggressività più subdola è quella nascosta tra le righe, perché parlare alle spalle ferisce più di una lite».
Gli uffici in cui i rapporti sono più tesi, secondo la ricerca Bocconi, sono quelli di aziende che operano nei trasporti, nella finanza e nelle assicurazioni. E poi ci sono le crisi che possono colpire qualsiasi settore. Racconta Monica Pera, direttore risorse umane della Fiera di Milano: «Nel 2010 abbiamo vissuto un momento difficile con la cassa integrazione seguita da una forte riorganizzazione interna. È evidente che la crisi e l’avvicendamento dei manager generano ulteriori difficoltà e aggressività. È a quel punto che bisogna sviluppare la capacità di ascolto». Come? Nei casi più disperati, le aziende ricorrono a un coach. Spiega Fabrizia Ingenito, autrice del libro I capi sono soli: «Di solito i capi diventano consapevoli quando qualcuno ha il coraggio di fargli notare i loro errori. Il nostro compito è accompagnarli in riunione e fargli notare che sbattere i pugni sul tavolo non serve o è dannoso. Il coach è come uno specchio: guardarsi aiuta a guarire ».
Ad ammorbidire l’atmosfera può aiutare anche un buon welfare aziendale. Spiega Daniela Ivaldi di Eudaimon, società che suggerisce alle imprese soluzioni per conciliare il lavoro con le esigenze della famiglia e del tempo libero: «Se un’azienda offre un sostegno come l’asilo interno o un aiuto a pagare le multe, riduce lo stress dei dipendenti che saranno meno litigiosi. Aiutano anche i corsi di yoga».
Repubblica – 5 aprile 2016