Sei mesi dopo, il consiglio regionale è tornato ieri a riunirsi in via straordinaria, sempre sul caso delle ex Popolari. Il tema è ancora scottante, ma fra gennaio e luglio è cambiato tutto: allora era appena iniziato l’accidentato percorso verso la trasformazione di Veneto Banca e Bpvi in Spa, adesso i due gruppi sono di proprietà di Atlante, hanno fallito la quotazione in Borsa e registrano un valore di 10 centesimi per azione.
La commissione d’inchiesta ha individuato le colpe ma non ha indicato i colpevoli: non disponendo di poteri né inquisitori né cogenti, il presidente Maurizio Conte e gli altri componenti non hanno nemmeno provato a convocare i passati vertici degli istituti e si sono dovuti accontentare di note scritte da parte delle autorità di vigilanza. Ma la politica vuole dimostrare di essere migliore della (cattiva) finanza, così seppure tra i veleni maggioranza e opposizione approvano all’unanimità una risoluzione che impegna la giunta ad adoperarsi a favore di risparmiatori e aziende e il governatore Luca Zaia annuncia un pacchetto di misure, a cominciare dalla richiesta a Roma di inviare una task force di magistrati specializzati in materia bancaria.
A nome dei veneti i commissari presentano idealmente il conto a Montebelluna e Vicenza: 20 miliardi di euro, somma degli 11 dovuti al sostanziale azzeramento dei titoli, dei 4 costituiti dalle perdite del patrimonio patite negli ultimi tre anni e dei 4,9 serviti per gli aumenti di capitale. «Il crac di Parmalat, di 14 miliardi, costò di meno», osservano a Palazzo Ferro Fini, evocando l’immagine della Grande Guerra, dell’alluvione, del Vajont. «Nessuno di noi — esordisce Roberto Ciambetti, presidente del consiglio regionale — sottovaluta la situazione e sottostima il dramma sociale. I cittadini chiedono giustizia». Zaia mette sul tavolo due delibere a favore dei risparmiatori: l’una dispone l’aumento da 300.000 a 500.000 euro del fondo per l’assistenza legale («fra un paio di settimane approveremo il regolamento»), l’altra consentirà alle famiglie di autocertificare la diminuzione del proprio reddito a fini Isee a causa della svalutazione delle azioni («per chi è diventato povero ma ha le carte da ricco»).
Evidentemente però non basta, come ricorda il calcolo dei danni patiti dalle imprese, che detengono rispettivamente l’11,5% e il 10,1% dei pacchetti azionari di Veneto Banca e Bpvi, snocciolato al centesimo: 1.215.888.938,99 euro. «In questa vicenda — osserva il governatore — la Regione combatte con armi spuntate, perché non dispone di strumenti incisivi». Di qui le istanze al governo: «Un ragionamento col ministero della Giustizia per un pool di inquirenti, dedicati ai reati finanziari, da incardinare a Venezia sul modello del Mose. L’autorizzazione di Bankitalia a Veneto Sviluppo perché possa mettere in moto il fondo di rotazione da 35 milioni e emettere mini-bond a sostegno delle ditte messe in ginocchio dalle “baciate”. La possibilità di affrancare dalle imposte di bollo le compravendite di azioni».
Nella saletta del pubblico don Enrico Torta e i suoi applaudono. Ma intanto in aula scoppia la polemica fra Pd e Lega. Oltre a chiedere di dirottare sui risparmiatori i 2 milioni destinati al referendum sull’autonomia, i dem accusano i leghisti di contiguità con i signori delle banche. Attacca Graziano Azzalin: «Sono stati bruciati soldi veneti da parte di veneti e Zaia non può fare finta di niente, dicendo che non era a conoscenza di quello che accadeva». Raccomanda Stefano Fracasso: «È meglio mantenere una sana autonomia della politica da una certa imprenditoria e da modelli troppo spesso osannati». Rincara Alessandra Moretti: «Il fallimento del sistema bancario locale non può essere letto separatamente da quel sistema di potere che da oltre vent’anni domina il Veneto e che conosceva bene ed intrecciava rapporti stretti con quella parte imprenditoriale». Dai banchi del Carroccio spuntano allora le foto di Moretti con Gianni Zonin (e Oscar Farinetti e Walter Veltroni) ad un banchetto per le Europee. «Il manifesto è il tuo», le sibila il leghista Franco Gidoni, per smontare la tesi secondo cui l’istantanea sarebbe stata scattata ad un’iniziativa elettorale per Paolo De Castro. Tensione e nervosismo. Poi il voto: 40 presenti, 40 favorevoli. Passa pure un emendamento che consentirà alla Regione, nel caso, di costituirsi parte civile.
Il Corriere del Veneto – 13 luglio 2016